Distretto Nord

Il regno dei ghiacci

di Massimiliano Vitelli

Nuuk capitale della Groenlandia

La Groenlandia Vota “SI” all’indipendenza dalla Danimarca.
Con la fierezza dell’autonomia ed i timori delle nuove sfide.

groenlandiaNuuk, piena notte. Ma potrebbe essere anche mezzogiorno. Qui durante l’inverno il buio riempie quasi tutte le ventiquattro ore relegando al sole l’inconsueto ruolo di outsider. La lunga notte polare s’illumina di luci. I fuochi d’artificio accendono il cielo di cobalto che, specchiandosi nel bianco, regala uno spettacolo oltre l’immaginabile. Il popolo dei ghiacci è in festa. “Aap” e via alla gioia. Nella lingua inuit “aap” vuol dire “si” ed “aap” è stata la risposta che il 75.5% dei circa 39.000 elettori ha dato alla domanda del referendum che cambierà per sempre la loro vita. Gli abitanti locali hanno scelto: la Groenlandia dice addio alla Danimarca e, presto, diverrà il primo Stato eschimese del mondo. Il risultato delle urne prevede, infatti, la costituzione in tempi brevi di una forza di polizia, il riconoscimento ufficiale della lingua inuit e la piena autonomia sulla giustizia.
La devolution da Copenaghen era già iniziata nel 1979 nei settori della sanità, dell’istruzione e della pesca ed aveva portato l’isola di ghiaccio ad uscire dalla Comunità Europea nel 1985. Nazione sempre fiera delle proprie origini, Kalaallit Nunaat, questo il nome originale, il 21 giugno prossimo muoverà il grande passo con l’ufficiale entrata in vigore del nuovo Statuto. La sfida è aperta.
57.534 abitanti su una superficie totale di 2.166.086 km² (81.1% ghiaccio) vogliono dire 0,03 abitanti per km². Niente treni, niente strade, ci si muove in aereo o in kayak. L’economia si basa esclusivamente sulla pesca e, quando le condizioni meteo lo permettono, sul turismo.
Aver votato “si” non è stato un suicidio però. Secondo le stime elaborate lo scorso luglio dall’Istituto geologico americano, la regione artica contiene nel sottosuolo, o meglio nel sottoghiaccio, 90 miliardi di potenziali barili di petrolio oltre ad enormi giacimenti di gas naturale, carbone, piombo, uranio, zinco e diamanti. Ghiaccioli con sorpresa per tutti allora.
La lungimiranza delle menti fredde che hanno diretto le operazioni di indipendenza ha sancito comunque un fattore importante. La politica estera e la sicurezza nazionale restano sotto il controllo della Danimarca. Ottima notizia per il popolo groenlandese che fino ad oggi non si è mai dovuto preoccupare di tentativi d’invasione e di colonizzazione ma che, d’ora in poi, messi in vetrina gioielli e barili, corre il rischio quotidiano di “rapine”.

aurora boreale
aurora boreale
Sonni tranquilli dunque nelle lunghissime notti polari con la speranza che gli Stati Uniti non riescano a scovare una cellula di Al Qaida in un igloo adibito a grotta o che Osama Bin Laden, in un momento di sciagurata follia, non si faccia ritrarre in una foto in compagnia di una foca. In questo caso, per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America e per il bene del resto del globo, l’esercito garante della pace nel mondo non potrebbe esimersi da inviare un centinaio di navi rompighiaccio alla ricerca dei cattivi con nelle stive un carico di tubature per costruire, nell’attesa della cattura di quei mattacchioni di terroristi, una bella pipe-line che conduca l’oro nero dal Polo Nord al rubinetto del bagno della Casa Bianca.
Considerando che già nel 1946 gli Stati Uniti offrirono alla Danimarca 100.000.000 di dollari per “acquistare” la Groenlandia, e di certo non per essere sicuri di poter mangiare filetti di halibut gratis per sempre, è un campanello d’allarme da non sottovalutare. L’indipendenza è affascinante ma rischiosa. Buona fortuna popolo del nord.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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