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Groenlandia al voto per maggiore autonomia

dal corrispondente ANDREA TARQUINI

Si prevede una fortissima affluenza alle urne e la vittoria del sì
Tappa di un processo che potrebbe portare al primo Stato eschimese
Un passo fondamentale verso l’indipendenza

BERLINO – Nascita annunciata di una Nazione tra i ghiacci e il freddo del Grande Nord. Si tiene oggi in Groenlandia l’atteso referendum che propone ai 55mila abitanti dell’immenso territorio (tre volte la Francia) di ampliare in modo drastico l’autonomia dalla madrepatria, cioè il regno di Danimarca, e di riconoscere inequivocabilmente il diritto dei groenlandesi all’autodeterminazione. Cioè ad andare passo per passo all’indipendenza. La terra resa famosa da antichi documentari in bianco e nero, dalle avventure degli esploratori polari e poi dal bel film Il senso di Smilla per la neve è all’ora X, al momento più importante della sua Storia. Di fatto potrebbe nascere il primo Stato eschimese al mondo.

L’attesa è grande, sia nella piccola Nuuk, la capitale dell’immenso territorio autonomo danese, sia nella prospera Copenaghen. I seggi chiuderanno a mezzanotte, si prevede una grande affluenza, e ancora non è chiaro quando si avranno i primi exit poll o risultati significativi. Ma quasi tutti prevedono una vittoria del sì: il no ha raccolto nei sondaggi circa il 30 per cento dei consensi. E la volontà di arrivare progressivamente all’indipendenza è condivisa dai groenlandesi, che sono per il 90 per cento Inuit, cioè in sostanza di ceppo eschimese, sia dall’opinione pubblica in Danimarca.

La posta in gioco è alta: l’attuale sistema di amministrazione autonoma, chiamato Hjemmestyre, in vigore dal 1979, se vinceranno i sì al referendum di oggi verrà sostituito dal Sjelvstyre, cioè da un vero e proprio autogoverno. La regina di Danimarca resterà capo dello Stato, e il ricco regno scandinavo manterrà le responsabilità della politica estera e della Difesa. Punto quest’ultimo particolarmente importante: gli stessi indipendentisti groenlandesi ci tengono ad avere anche in futuro l’assicurazione sulla vita dell’ombrello protettivo della piccola ma moderna reale aviazione danese e della marina del regno (membro della Nato). Specie perché la Groenlandia secondo prospezioni e indagini geologiche e scientifiche possiede (nel suo suolo e nelle sue acque territoriali) materie prime che fanno gola a molti, e non ha assolutamente i mezzi per dotarsi di forze armate proprie.

Comunque, il lungo addio al regno di Amleto in caso di vittoria del sì compirà un passo decisivo. I groenlandesi acquisteranno la sovranità e la piena responsabilità della polizia, della giustizia, della gestione delle prigioni. E il groenlandese, una lingua di ceppo eschimese, diverrà lingua ufficiale.

I groenlandesi indipendentisti – gente moderata di scuola scandinava, non separatisti arrabbiati – sperano comunque che con l’indipendenza graduale la loro Nazione abbia da guadagnarci. Il nuovo accordo con la Danimarca proposto dal referendum prevede che i proventi dell’estrazione del petrolio (si spera in grandi giacimenti) vadano per i primi 12 milioni di dollari ogni anno alla Groenlandia, e per ogni cent successivo siano divisi a metà tra Groenlandia e Danimarca. In cambio la Danimarca si libererebbe dall’obbligo di versare le sovvenzioni che, pagate dai suoi contribuenti, attualmente mantengono in vita la Groenlandia, e che ammontano a 3,2 miliardi di corone, cioè quasi 430 milioni di euro, ogni anno.

Molto dipenderà dall’ampiezza della partecipazione al voto e dal carattere più o meno chiaro del responso elettorale. Incamminarsi verso l’indipendenza è sempre entusiasmante per ogni popolo, accende sogni. Ma i groenlandesi sono anche razionali, sanno a quali difficoltà vanno incontro: il 90 per cento delle entrate vengono dalla pesca, il resto dal turismo, le sovvenzioni danesi sono ancora oggi irrinunciabili. Alto tasso di povertà e gravi problemi di alcolismo, l’assenza di un sistema di scuole superiori, sono sfide minacciose. Per cui senza appoggiarsi all’aiuto di funzionari pubblici e università danesi la nuova Nazione, se nascerà, da sola non potrà farcela. Ma se nascerà, sarà comunque il primo Stato eschimese al mondo, lassù tra il Nord Europa, l’Artico e le coste canadesi.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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