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McGuinness coinvolto in nuove accuse di spionaggio

di Liam Clarke, Sunday Times – Ireland, 04 giugno 2006

McGuinness in divisa Provos

Cryptome Ring/3: Clarke scrive

McGuinness nega di aver prestato servizio per l’MI6. Liam Clarke s’interroga su come sia stato possibile per il deputato dello Sinn Fèin sopravvivere senza detenzioni a 30 anni di lotta mentre altri suoi compagni venivano uccisi o condannati.
Raymond Gilmour, il supergrass che s’infiltrò nell’IRA all’inizio degli anni ’80, racconta che era solito svegliarsi urlando dopo aver sognato che Martin McGuinness era venuto ad ammazzarlo. Adesso invece sospetta piuttosto che il suo ex-comandante di brigata lo abbia protetto, considerato che, come lui, era un agente britannico.

“Non potrò mai spiegarmi come mai mi abbiano lasciato fare così a lungo e provocare un simile danno. Adesso credo che dietro alla mia immunità ci fosse McGuinness” dice Gilmour, che penetrò nell’IRA e nella più piccola INLA (Irish National Liberation Army) tra il 1977 e il 1982.

E Gilmour non è il solo a nutrire certi sospetti. In tutta la provincia la gente comincia a riesaminare la carriera di McGuinness alla luce della pubblicazione del pezzo di Martin Ingram, l’ex-agente dei servizi segreti che accusa quello che una volta era considerato il falco dell’IRA di essere stato controllato dall’MI6 per almeno vent’anni.

I veterani repubblicani puntano il dito sulla vita fortunata di McGuinness che, sin dall’inizio, ha ricoperto tutte le cariche più alte all’interno dell’organizzazione senza mai essere ferito o aver servito una pesante sentenza.

Durante il periodo degli internamenti riuscì ad evitare la detenzione e a viaggiare liberamente avanti e indietro tra Londonderry e casa della nonna in Donegal, dove si rifugiava quando era ufficialmente latitante. Dichiarazioni di un altro supergrass, Robert Quigley, implicavano McGuinness nell’organizzazione operativa dell’IRA, ma nonostante questo non fu mai incriminato.

Mentre McGuinness rimaneva al di là della legge, i suoi compagni venivano uccisi o arrestati. Adesso si è fatto una casa per le vacanze in Donegal, dove si ritira per scrivere poesie e dedicarsi alla pesca a mosca.

Alcuni rapporti con l’MI6 erano persino concessi dalla leadership dell’IRA. McGuinness aveva una un canale aperto con Michael Oatley, l’ex-dirigente della squadra anti-terrorismo dell’MI6.

Fu proprio Oatley a negoziare un cessate il fuoco dell’IRA nel 1974/75. Dopo la rottura della tregua Oatley lasciò comunque aperta una rete di comunicazione con due intermediari di Derry, Brendan Duddy e Denis Bradley. Questo consentì che i messaggi per McGuinness e per l’IRA continuassero a viaggiare.

Oatley non incontrò McGuinness fino al febbraio 1991, poco prima di entrare in pensione. Il loro colloquio si protrasse per ben tre ore e si rivelò cruciale nel percorso che portò al successivo cessate il fuoco.

Per alcuni anni esistette anche un altro canale con l’esercito britannico di stanza a Derry, ma questa volta non autorizzato dalla leadership dell’IRA. Operava attraverso due attivisti per la pace di Derry che vennero obbligati a lasciare la città quando si scoprì che il loro intervento era stato usato per indebolire la campagna dell’IRA in città in cambio di un alleggerimento dell’attività militare. McGuinness negò di esserne mai stato a conoscenza sebbene in realtà fosse coinvolto nella vicenda in prima persona.

Lungi dall’essere il leggendario falco dell’organizzazione, McGuinness fiaccò la campagna dell’IRA a Derry più velocemente che altrove. In un’intervista con Anthony McIntyre, un ex-prigioniero repubblicano oggi conosciuto come storico e giornalista, Sean MacStiofain, il leader dell’Army Council dei Provisionals, dichiarò che McGuinness aveva cospirato per un cessate il fuoco a partire dal 1972.

I veterani dell’organizzazione sono d’accordo con Gilmour nell’ammettere che McGuinness promosse volontari sospettati di essere informatori a cariche dalle quali il danno procurato aumentò esponenzialmente. Un esempio fu Frank Hegarty, un agente che lavorò per Martin Ingram. Sebbene alcuni lo ritenessero una spia, fu McGuinness in persona ad incaricarlo di nascondere un carico d’armi appena arrivato dalla Libia. In qualità di Northern Commander dell’IRA McGuinness ripose la sua fiducia in Fred Scappaticci, il più prezioso tra gli agenti britannici infiltrati, e gli affidò la gestione della sicurezza interna dell’organizzazione.

Dopo il sequestro delle armi libiche, a Hegarty venne offerta dai suoi handlers la possibilità di ricostruirsi una vita in Inghilterra, ma l’uomo decise di tentare il rientro a casa e fu assassinato.

Nel 1979 Brian Keenan, che conduceva una spietata campagna militare in Gran Bretagna e in Nord Irlanda, fu arrestato lungo la strada dove si era incontrato con McGuinness dopo che lo stesso McGuinness gli aveva fatto cenno di fermarsi. Mentre era in prigione Keenan fece pressioni perché McGuinness fosse messo sotto inchiesta interna, ma una volta uscito di galera lasciò cadere la cosa.

Nel novembre del 1994, un’investigazione della polizia, denominata Operazione Taurus, trovò tre testimoni in grado di incastrare McGuinness per partecipazione diretta ad azioni terroristiche. L’operazione fu tuttavia sospesa a seguito della comparsa di una lettera, in cui la pubblica accusa era esortata a tener presente che McGuinness sarebbe stato da lì a poco convocato a colloquio dal governo per discutere del futuro del Nord Irlanda.

Il suo valore politico, evidenziato anche dal filo diretto con un alto ufficiale dell’MI6, potrebbe essere sufficiente a spiegare il perché McGuinness sia spesso apparso come un elemento protetto.

Ad ogni modo, la scoperta che Denis Donaldson, a capo dell’amministrazione dello Sinn Fèin a Stormont, e Freddie Scappaticci, il responsabile della sicurezza interna dell’IRA, fossero entrambi sul libro paga dei servizi britannici, lascia gran parte della base repubblicana pronta ad aspettarsi il peggio dalla propria leadership.

Traduzione di FF

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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