Marina Corradi, Avvenire
È morta una delle intellettuali più vivaci del ‘900. Dopo l’incontro con Giovanni Paolo II la rivisitazione del femminismo
Amava definirsi “eretica” e sempre rifiutava l’omologazione dei media e dell’opinione pubblica dominante. Dopo la Resistenza, il ’68 e l’impegno politico. Nell’87 rimase colpita dal Papa polacco che le disse: “Credo nel genio delle donne”
Nella mia vita ho più volte cambiato nazionalità: mi sono sentita cinese nella Pechino in rivolta contro il dominio di Mosca, spagnola a Madrid dove finii nelle prigioni di Franco, argentina a Buenos Aires con le madri dei desaparecidos, berlinese attraversando avanti e indietro quel Muro, al cui crollo, da dissidente, ho dedicato tante energie”.
Ma la sua passione di intellettuale di sinistra risente fortemente di un incontro con Giovanni Paolo II. E’ il 1987, la Macciocchi sta finendo il suo La donna con la valigia, viaggio nell’Europa ancora divisa dal Muro. Chiede di incontrare il Papa per inserirne la testimonianza nel libro. Era stata ricevuta da Mao, da De Gaulle, da Ho Chi Mihn e da Khomeini, ma Wojtyla la colpì come nessuno. Raccontò: “Dall’intensità del gesto irradiava una sorta di forza interiore, una piccola aura metafi sica gli faceva corona attorno al viso. Per me è un grande onore incontrarla, farfugliai. E di colpo fui esplicita, sincera, sorprendendo me stessa per quelle frasi che pronunciai: vengo da lontani lidi, quelli del marxismo-leninismo”.
L’anima da “eretica” non mancò di prendere voce anche nella critica ad alcuni miti del femminismo. Riguardo al rapporto fra liberazione della donna e comunismo disse che “l’utopia universalista astratta della liberazione della donna sotto i regimi comunisti è stata una beffa ancora più drammatica di quella contro la classe operaia”. Ma anche nelle pieghe del ’68 – momento storico che aveva vissuto a Parigi, e che l’aveva entusiasmata per la sua ansia antiautoritaria – la dissidente cronica Macciocchi ammette che le donne hanno ritrovato “misoginia, corruzione e mercimonio del loro corpo e d el loro voto”. Nè è più tenera con il facile luogo comune della “solidarietà fra le donne”: “Le donne di potere sono dure, implacabili, crudeli e ciniche”. Sull’aborto, lei pure fedele alla legge 194 afferma che “sarebbe tutto da rivedere: il rapporto tra donna e maternità è stato avvilito, e l’egoismo del singolo prevale sull’arricchimento della donna stessa e della società”.
Un’intellettuale di traverso alla logica del facile consenso. Editorialista di Le Monde, El Pais e Corriere, negli ultimi anni scriveva su Avvenire. Certamente quell’incontro del 1987 con il Papa – cui poi ne seguirono altri – lasciò un segno profondo. Ricordava sempre come Giovanni Paolo II le avesse detto: “Credo nel genio delle donne”. “Queste parole – confessò – rivolte a una donna ritornata da tutto e anche da se stessa, furono così sorprendenti per il mio spirito che non si cancellarono più”. E quando uscì la lettera apostolica Mulieris Dignitatem ne fu conquistata, tanto da scrivere il volume Le donne secondo Wojtyla. Ventinove chiavi di lettura della Mulieris Dignitatem. Attraverso la lettera di Giovanni Paolo II la intellettuale comunista, la femminista militante affermava di avere riscoperto nel Vangelo “un rapporto di tenerezza, di connivenza fra Gesù e le donne”, contro la misoginia di cui il cristianesimo è tradizionalmente accusato dal pensiero femminista. Questo le attirò molte critiche ma lei, come al solito, non cercò di mediare: “L’originalità del pensiero di questo Papa verso le donne è una linea maestra dritta come una spada”, scrive. E questa volta non si ravvede, morendo così in aria di eresia. Fine del lungo viaggio di una donna nel Novecento, una donna – per usare quella sua felice espressione – “ritornata da tutto, anche da se stessa”.