All’ombra del muro

da Belfast, Andrea Varacalli

La polvere mulina nei raggi del sole che filtra da una dozzina di fessure sotto il muro; attraverso i vetri di una casa di urbana settaria frontiera ecco la solita atmosfera incorporea di Torrens, un distretto mutante del capoluogo nordirlandese. Case di mattoni che hanno bisogno di una riverniciata al giorno come molte altre dei quartieri divisi dalla peaceline dove si portano con se il messaggio implicito del conflitto in tempo di pace.
 Les Enfants Terribles, scontri in Irlanda del NordTorrens è un piccolo quartiere protestante di nord Belfast, su per Old Park road, alle spalle della fortezza repubblicana di Ardoyne. Quindici metri di acciaio e cemento, la linea di pace, separa la workingclass cattolica e protestante. Nelle ultime settimane altre 12 famiglie hanno dovuto abbandonare le loro case dopo averci vissuto per quasi venticinque anni. In un anno, secondo la recente stima pubblicata dall’ente Northern Ireland House Executive, più di 1250 persone in Irlanda del Nord sono state forzate a lasciare il tetto a causa della violenza di matrice settaria. Nonostante il grido di allarme lanciato dagli accademici il processo di transizione fatica ad andare avanti in una società dualistica profondamente divisa e ghettizzata in bolle sociologiche. I numeri sono da capogiro. Il 98% della classe operaia di Belfast vive segregata sulle linee della geografia dell’apartheid e che in molti percepiscono come la fase peggiore in trent’anni di conflitto.
Lealisti e repubblicani usano diverse fermate dell’autobus, negozi diversi, ospedali e più del 92% dei loro figli frequenta scuole separate. Aggirano quartieri, strade, paesi, passano la vita evitandosi. Sono luoghi che simboleggiano il dramma dell’erosione per il rilancio di Belfast come città globale. Dallo scorso gennaio Londra ha speso quasi 50 milioni di sterline per riposizionare l’enclavi, arretrandole dal contatto con la peaceline, e lasciando deserte centinaia di abitazioni. La città li nasconde momentaneamente: l’idea di tenerli in riga con il muro per annullare il fuoco incrociato degli sguardi non ha funzionato. Le sezioni della linea di pace vengono ridisegnate ed erette e la violenza riparte sui nuovi fronti che ieri erano, invece, le terze file di case. Con il manforte dei paramilitari, una delle due comunità è sempre pronta a divorare l’altra; le sue strade, i suoi marciapiedi, le sue case e l’esodo non gode pause. Al di là del muro, i nazionalisti dello Sinn Féin hanno negato il coinvolgimento nell’affare Torrens della formazione paramilitare repubblicana Provisionals Ira rivoltando le accuse ai dirimpettai. Di qua i politici unionisti parlano senza mezzi termini di “pulizia etnica”. Negli ultimi giorni la storia si è ripetuta a Larne, Antrim e nord Down dove dozzine di famiglie questa volta cattoliche hanno detto addio per sempre alle natie dimore.
Les Enfants Terribles, Ardoyne rising“È l’Uda – Associazione per la Difesa dell’Ulster – a orchestrare gli attacchi sulla comunità nazionalista nelle sei contee” dice la cattolica Deidre che fa l’operatrice sociale per l’integrazione dei bambini di Ardoyne e Shankill. Sono lo specchio dell’instabilità del processo di pace le stesse iniziative intercomunitarie si concludono nel nulla. Spesso quello che viene preso per un tentativo di forma di comunicazione non è altro che un processo produttivo stabilito dai finanziamenti pompati dall’establishment britannico nelle zone del disagio. Molteplici input del governo e retroazioni simultanee concretizzate dalle milizie paramilitari non concedono nemmeno il tempo ai volontari sociali sul campo di riflettere. “Portavo mia figlia nella libreria che doveva essere integrativa – spiega la trentasettenne cattolica Donna – dopo qualche sera i lealisti fecero esplodere il nostro salotto di casa con due granate”. Ogni notte gli attacchi si perpetuano. Molotov, graffiti sulle porte di casa “taigs out” – fuori i cattolici – e pogrom settari. Dall’altra parte del muro i nazionalisti rispondono con la stessa moneta. Polarizzati in politica, confinati nelle strade, allontanati da se stessi e dai burocrati del piano regolatore della peaceline di Belfast. “Lavoravo presso una società di Ardoyne – dice la protestante Vivienne – ma dopo alcune settimane ho dovuto smettere a causa delle intimidazioni dei nazionalisti.” Insieme ai suoi figli, Vivienne, sta facendo le valigie. Lasceranno Torrens per sempre. Il tetto della sua casa è andato in fumo la sera scorsa sotto una pioggia di bottiglie incendiarie. Ora traslocherà nella roccaforte lealista di Shankill. Negli occhi di queste donne, la città mutante, Belfast, riconosce le sue temute oramai note sequenze di emozioni e violenza e le speranze di per una società diversa sembrano miraggi combustionati all’ombra di un muro.
Belfast, Short Strand

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