I Provisionals con le spalle al muro

da Belfast, Andrea Varacalli

ira_murales_02L’IRA rimane coinvolta nelle attività criminali, negli assalti e nella raccolta delle informazioni e forse continua a conservare parte del proprio arsenale nonostante la dichiarazione di “cessazione delle ostilità” diffusa il 28 luglio 2005. È questo il primo verdetto semestrale della commissione indipendente per il monitoraggio delle formazioni paramilitari in NordIrlanda, IMC, pubblicato ieri.
Tuttavia, l’IMC, ha aggiunto che “progressi sono stati comunque fatti” in sei mesi dall’annuncio repubblicano. Si suppone, infatti, che la formazione non abbia intenzione di tornare ai metodi della lotta armata, sebbene persistano le operazioni di spionaggio e delle “schedature” dei membri delle forze di sicurezza e dei rappresentanti costituzionali unionisti direttamente negli archivi dei Provisionals.
Resta il fatto che questa bufera sul processo di pace ha generato un nuovo scenario di scontro a livello istituzionale. Sono coinvolti il capo della polizia nordirlandese, Sir Hugh Orde e il segretario di Stato per la provincia britannica Peter Hain. Orde e suoi investigatori hanno avuto un notevole peso sulla stesura finale del report della commissione IMC, mentre di contro i messaggi del gabinetto laburista puntavano invece ad alleggerire le allarmanti indicazioni della PSNI, la polizia, sulle attività dell’IRA. Dietro questo strano e acuto confronto traspare essenzialmente tutta l’investitura politica del governo Blair nel funzionamento degli accordi anche a costo, però, di mostrare la fragilità delle trattative per rilanciare la devolution con tutti i protagonisti politici a bordo. Soprattutto, un’eventuale ennesima sanzione sulla vetrina politica del Provos, lo Sinn Féin di Gerry Adams – tramutabile in provvedimento giudiziario da quello finora finanziario secondo le esigenze della domanda unionista a Londra – avrebbe, infatti, degli effetti devastanti esattamente come li produrrebbe l’ipotesi di un ritorno nel parlamentino semi r-autonomo di Stormont con una coalizione d’emergenza ad esclusione proprio degli shinners nazionalisti.
E quest’ultima proposta ha preso corpo: pubblicata in un pamphlet chiamato “Blue Print”, è stata illustrata la scorsa settimana dal leader ultra-lealista del Democratic Unionist Party, Ian Paisley, al primo ministro inglese Tony Blair. Da qui la tendenza di Londra di cedere ai diktat unionisti prima o poi; a chi vanta quasi il 35% di share elettorale come il DUP, cioè la maggioranza, e che troppo spesso ha agito da flebo per la tribolata leadership del premier nella Casa dei Comuni. Ieri poi lo schieramento al Blue Print è stato rinforzato anche dai moderati dell’Ulster Unionist Party e che hanno immediatamente sostenuto l’iniziativa del DUP.
Da queste parti si sa che quando il reverendo Paisley starnutisce tutte le Sei Contee prendono il raffreddore: il braccio di ferro con Londra non durerà ancora a lungo. Dalla prossima settimana si ripartirà con la maratona degli incontri a Hillsborough per superare l’impasse partendo dal Blue Print. Intanto nella mattina di mercoledì scorso a Dublino, in un separato sviluppo, è emerso che i reparti speciali della SDU irlandese, Special Detective Unit, hanno fatto irruzione in circa venti proprietà della capitale che si crede appartengano agli uomini dei Provisional IRA. Le indagini partite da un anno, avrebbero seguito tre repubblicani di spicco in South Armagh, la contea di confine con l’Ulster britannico, nell’ambito della maxi-rapina di trenta milioni di sterline alla Northern Bank di Belfast messa a segno dalla milizia nel dicembre del 2004. Alcune di queste proprietà, ha fatto sapere la polizia dublinese Garda, hanno un valore di 100 milioni di euro.
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