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Due giornaliste Usa arrestate in Corea del Nord

Euna Lee e Laura Ling, videoreporter di Current Tv, stavano riprendendo il confine con la Cina dal lato cinese quando la polizia di Pyongyang le ha catturate. L’accusa: sconfinamento non autorizzato su territorio nordcoreano. Le reti diplomatiche sarebbero già in movimento per chiederne la liberazione.

lingMartedì 17 marzo, sponda cinese del fiume Tumen, a pochi metri dal confine con la Corea del Nord. Due videomaker, la corrispondente del settore Vanguard (quello dedicato al pubblico più giovane) di Current Tv Laura Ling e la giovane collaboratrice Euna Lee, stanno riprendendo l’area in compagnia di una guida di nazionalità cinese. Le guardie di frontiera di Pyongyang, infastidite, le invitano più volte a spegnere le telecamere e andarsene. Poi, non ottenendo risposta, passano alle vie di fatto: con una rapida incursione in territorio cinese, le bloccano e le arrestano, con l’accusa di aver sconfinato clandestinamente su suolo nordcoreano. A dare la notizia, 48 ore dopo, è il canale televisivo di Seul YNT, citando la testimonianza del reverendo Chun Ki-won della missione di Doorihana, nella capitale sudcoreana. La conferma è arrivata poco dopo dall’agenzia ufficiale Yonhap news, che citando non meglio precisate fonti diplomatiche’ parla anche di colloqui in corso tra Pyongyang e Washington per il rilascio.

Terreno pericoloso – Il reverendo Chun racconta di aver incontrato le due ragazze a Seul qualche tempo fa, e di averle aiutate ad organizzare un viaggio al confine per documentare le condizioni dei rifugiati nordcoreani. L’ultimo contatto sarebbe stato martedì scorso, per telefono, quando Euna e Laura gli avrebbero detto di trovarsi nella città cinese di Yanji, a pochi km dalla Corea, in partenza per un sopralluogo lungo i fiumi Yalu e Tumen. I due corsi d’acqua sono punti di passaggio ormai consueti per chi tenta di scappare dal regime di Pyongyang per chiedere asilo politico in Sud Corea o negli Stati Uniti. «Le avevo messe in contatto con dei dissidenti nordcoreani – ha spiegato – ma avevo detto loro molto chiaramente di stare lontane dal confine, perché è pericoloso». La sua versione è confermata dal profilo Twitter di una delle due reporter, Laura Ling, che sabato scriveva di essere «all’aeroporto di Seul», in partenza per il confine Nord Corea/Cina, «sperando che il mio alito al kimchee (piatto tradizionale coreano, con verdure miste) soffi via tutti i pericoli».

Stallo diplomatico – Le fonti ufficiali per ora tacciono, in attesa di chiarimenti su quanto avvenuto. Il portavoce dell’ambasciata Usa a Seul Aaron Tarver, contattato dall’Associated press, dice di non avere informazioni precise in merito, e di non essere ancora riuscito a verificare con i funzionari del dipartimento di Stato a Washington. «La Cina sta investigando sulla questione che coinvolge cittadini statunitensi al confine con la Repubblica democratica popolare di Corea» si è ha commentato invece il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Qin Gang, interrogato da alcuni giornalisti. Secondo l’agenzia Yonhap, però, un rappresentante del governo americano sarebbe già in partenza per Pyongyang per trattare il rilascio. Una missione diplomatica improntata al «basso profilo», per garantire la sicurezza delle due detenute.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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