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Israele, già critiche per Netanyahu

Fiducia, ma non cita Stato palestinese

NetanyahuIl governo del premier Benyamin Netanyahu ha ottenuto la fiducia dalla Knesset, il parlamento israeliano. Hanno votato a favore 69 deputati, i contrari sono stati 45 e 4 deputati della coalizione di maggioranza non hanno preso parte al voto. Netantyahu, nel suo discorso d’insediamento, non ha fatto minimamente accenno sulla prospettiva di un qualsiasi Stato palestinese. Dure critiche da parte dell’opposizione e della stampa.

Le attese non erano certo delle migliori, ma il discorso d’insediamento del premier alla guida del nuovo governo israeliano, affollato di partiti di destra e con un’appendice laburista, ha rappresentato per i palestinesi una doccia gelida. Colpa delle parole non dette più che di quelle pronunciate e, in particolare, del silenzio assoluto sulla prospettiva di un qualsiasi Stato palestinese.

“Netanyahu ha rivelato sé stesso – ha detto a caldo Nabil Abu Rudeina, portavoce dell’Autorità nazionale palestinese del moderato Abu Mazen – non assumendo alcun impegno sugli obblighi ereditati dal passato e non dicendo ancora una volta nulla sulla soluzione dei due Stati per due popoli. Se Netanyahu proseguirà su questa strada – ha rimarcato il rappresentante dell’Anp – distruggerà ogni possibilità di soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese, compromettendo non solo le relazioni bilaterali, ma anche l’agenda regionale sostenuta da Usa, Russia, Ue e Onu attraverso la road map”.

Preoccupazione condivisa d’altronde da Pace Adesso, storico movimento pacifista israeliano, secondo il cui segretario generale, Yariv Oppenheimer, Netanyahu non sta dando vita a “un esecutivo di larghe intese, ma a uno d’estrema destra”. Anzi, al “governo dei coloni”, sostenuto da forze confessionali e laiche che pretendono ad alta voce la costruzione di nuovi insediamenti. Un tema che paradossalmente sembra viceversa inquietare meno gli integralisti palestinesi di Hamas, per i quali tutti i governi israeliani sono nemici.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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