Staffetta Cronache

Eluana, la vita appesa a un filo

I medici: “L’emorragia si è arrestata”

La 37enne è in stato vegetativo dal gennaio 1992. Il padre: “Una giornata d’inferno, questa vicenda dura da 6.113 giorni”

Eluana Englaro
Eluana Englaro
Una forte emorragia uterina che ha provocato un peggioramento improvviso delle condizioni di Eluana Englaro, ma poi si è arrestata e, se non si ripresentasse, le condizioni della giovane donna in coma vegetativo da oltre 16 anni potrebbero migliorare e lei potrebbe riprendersi. E’ questo il quadro che emerge al termine di un pomeriggio difficile vissuto alla Casa di cura Beato Talamoni di Lecco, dove Eluana è ricoverata.

Per il padre Beppino oggi è stato probabilmente uno dei giorni più difficili. “Se questo non è un inferno…” ha dichiarato l’uomo in serata. Lasciando l’istituto il neurologo Carlo Alberto Defanti, medico curante della donna, ha parlato di “un’emorragia uterina molto abbondante, non sappiamo per quali cause”. “Nel pomeriggio – ha aggiunto Defanti – l’emorragia si è arrestata. Se non ricominciasse Eluana potrebbe riprendersi”. Le condizioni della donna, quindi, sono ora stazionarie. Il medico, d’accordo con la famiglia e con la clinica, ha comunque deciso di non procedere ad alcun tipo di trasfusione. Assoluto il riserbo del personale della clinica lecchese e delle suore che hanno in cura la donna.

Il padre di Eluana, Beppino Englaro, ha annullato gli appuntamenti previsti per la giornata (la partecipazione a un convegno e un’intervista con Fabio Fazio) per recarsi al capezzale della figlia. Englaro è rimasto diverse ore nella clinica, ne è uscito nel tardo pomeriggio, è quindi tornato all’ospedale e poi lo ha lasciato di nuovo. “Sono stato avvertito stamane che la situazione era grave”, ha detto l’uomo, spiegando che in ospedale è stata trovata “un’alleanza terapeutica”. Il padre di Eluana ha ricordato anche che “questa vicenda dura da 6.113 giorni, ovvero da 16 anni, otto mesi e 23 giorni”.

La ragazza è stata visitata anche dalla sua curatrice speciale, avvocato Franca Alessio, che ha spiegato che, viste le condizioni della donna “non ha senso intervenire”. L’avvocato ha confermato che “si è deciso di non praticare trasfusioni”.

Eluana Englaro è in stato vegetativo permanente da oltre 16 anni: il 18 gennaio del 1992 rimase vittima di un grave incidente stradale. Eluana, all’epoca 20enne, verso le quattro di quella mattina si schiantò contro un muro nei pressi di Lecco. Lo schianto le procurò un fatale trauma cranico e le frattura alla seconda vertebra cervicale. Dopo 12 mesi dall’incidente la diagnosi definitiva e sicura per Eluana è di stato vegetativo permanente, ossia irreversibile.

Tra il 1996 e il 1997 parte la macchina legale per ottenere la sospensione della alimentazione alla ragazza. Il padre Beppino, nel rispetto della volontà della figlia, si batte contro l’accanimento terapeutico, ma dai tribunali arrivano risposte negative. Fino al 9 luglio scorso, quando la Corte d’Appello di Milano ha attribuito a Beppino Englaro la facoltà di chiedere l’interruzione dell’alimentazione artificiale per Eluana. La sentenza ha infatti riconosciuto la presenza di due condizioni, ossia che lo stato vegetativo del paziente sia ritenuto clinicamente irreversibile “senza alcuna sia pur minima possibilità, secondo standard scientifici internazionalmente riconosciuti, di recupero della coscienza e delle capacità di percezione” e che la paziente “se cosciente, non avrebbe prestato il suo consenso alla continuazione del trattamento”.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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