Marco Roncalli, Avvenire
Von Galen contro Hitler. Il capofila dei vescovi tedeschi che si opposero al nazismo
Quando il 5 settembre 1933 papa Ratti nomina Clemens August von Galen settantesimo successore alla cattedra di san Ludgero a Münster, i presenti alla cerimonia d’insediamento che, baldanzosi, ostentano croci uncinate sulle loro divise e sui loro elmi, non hanno idea del filo da torcere che questo ecclesiastico sta per dare loro. Né possono immaginare la forza intrepida che di lì a poco il primo vescovo eletto sotto il Terzo Reich saprà sprigionare, quasi annunciata nel suo motto episcopale – “Nec laudibus nec timore” – da lui spiegato come un principio generale sotteso ad ogni comportamento: “Non ci spinga né la lode né il timore degli uomini”.
Oltre al canovaccio biografico di un presule “emerso in un tempo disumano come avvocato dei diritti divini e della dignità umana, e insieme come difensore dei diritti civili della libertà” (parole dello storico Rudolf Morsey), è anche il legame tra il “Leone di Münster” ed Eugenio Pacelli ad occupare larga parte del volume. Un rapporto che risale ai tempi in cui il futuro Pio XII era nunzio a Berlino e Von Galen parroco di una chiesa nella stessa città, favorito inizialmente dal cugino Konrad von Preysing (poi vescovo di Berlino).
E continuato allorché Pacelli divenne segretario di Stato (e chiamò a Roma von Galen consultandolo sulla redazione della Mit brennender Sorge), poi quando, eletto papa, Pio XII volle seguire in prima persona le delicate vicende della Chiesa tedesca.
Se è vero che alcuni documenti e testi assemblati in queste pagine erano già noti ai lettori del mensile “30 Giorni”, l’approfondimento degli atti relativi alla causa di beatificazione e ulteriori tasselli inediti (specie sulla vicinanza alla Resistenza, testimoniata anche da un incontro segreto con il leader Carl Goerdeler nel 1943), aiutano a capire sia tutta la consapevolezza di un tragico presente da parte di uomo che vi reagisce attingendo il suo coraggio dalla fede, sia a penetrare le motivazioni, religiose e umane, non politiche, dell’opposizione al führer di von Galen .
Un “pastore” smarcato dall’atteggiamento più prudente della maggioranza dell’episcopato tedesco. E sfuggito alla morte solo per mere ragioni tattiche: ucciderlo avrebbe significato trasformarlo in un martire, perdere il consenso di parte della popolazione, compresi i soldati al fronte: dunque i gerarchi avevano rimandato la resa dei conti a dopo la vittoria finale. Quanto alla mancanza di clamorosi interventi anche a favore degli ebrei (oggetto di riflessioni pacate di Giovanni Miccoli), un altro storico, Roberto Morozzo della Rocca, scrive qui nell’introduzione al volume che von Galen “se avesse ritenuto di poter denunciare lo sterminio degli ebrei senza rischiare di peggiorare la loro situazione, avrebbe agito”.
“Troviamo qui una notevole analogia tra il comportamento di von Galen quello di Pio XII”, continua Morozzo, pronto anche a sottolineare tra i due “una concordanza profonda nel pensiero”. E lo fa dopo aver ricordato un episodio riportato da Max Bierbaum , quando, all’indomani della Notte dei cristalli, ebrei di Münster richiesero un pubblico intervento di von Galen. Il vescovo preannunciò di volerlo fare subito, dal pulpito, se da parte loro si fosse dichiarato per iscritto “che non lo avrebbero incolpato se i nazisti poi avessero preso come pretesto la sua difesa in loro favore per attuare una vendetta”. Considerata la questione, gli ebrei desistettero dal far intervenire von Galen. E la pubblica protesta che era pronto a fare non ebbe luogo.
Un vescovo contro Hitler
Von Galen, Pio XII e la resistenza al nazismo
280 pagine, rilegato
San Paolo Edizioni, anno 2006
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