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Bo Carpelan, il poeta dell’Europa

È nato e vive a Helsinki, ma parla e scrive in svedese; ha vinto il Prix Européen de Littérature 2007. Poliglotta, i suoi autori preferiti sono Keats, Joyce, Giono e Simenon. La lingua – dice – è il legame affettivo e spirituale col mondo

Bo CarpelanIl vincitore del Prix Européen de Littérature 2007, nato per valorizzare un autore di portata internazionale nella città dove hanno sede le istituzioni europee, assegnato a Strasburgo lo scorso marzo, è un autore poco noto in Italia, con una situazione letteraria e sociale molto particolare.
Bo Carpelan, nato a Helsinki nel 1926, è e si considera a tutti gli effetti finlandese, ma parla e scrive in svedese. Appartiene cioè a quella minoranza linguistica, gli svedesi di Finlandia, che raggiunge il sei per cento nella terra dei laghi, mantenendo viva la lingua svedese, diversissima da quella finlandese, di ceppo ugro-finnico e nemmeno indoeuropea. Pochi ne conoscono l’esistenza. Come rappresentante di questa minoranza che non è un’etnia ma un’isola linguistica, Carpelan ha fatto scelte letterarie importanti, che da una parte sono state obbligate, ma dall’altra hanno dimostrato l’estrema libertà che questa condizione gli ha regalato.
La sua poesia (Il giorno cede e Il cortile sono due fra i molti titoli) e la sua narrativa (per esempio l’importante romanzo del 1986 Axel, dedicato a un suo prozio amico del musicista Sibelius) sono nutrite delle sue esperienze personali (la guerra, la povertà della famiglia d’origine, i due figli) e dei suoi amori letterari, incontrati anche grazie alla quarantennale esperienza di bibliotecario alla Biblioteca Nazionale di Helsinki, e che hanno contribuito a fare di Carpelan il grande scrittore che è, poliedrico e prolifico, capace di spaziare dalla poesia al teatro, dall’opera lirica alla traduzione.
Poliglotta, ha confidato in una recente intervista che nelle sue letture tra a Keats e Camus, ma anche Chandler e Simenon, Joyce letto in svedese e Giono in inglese, in questo periodo spunta Virgilio, padre antico di un’unità europea culturale e spirituale, prima che politica, fondata sulla comunione di interessi e sulla ricerca di armonia. Di cui la Finlandia è il primo esempio, visto che nonostante la comunità dei parlanti in svedese rag giunga solo le 300.000 unità, e sia il retaggio di un’antica dominazione, le due lingue hanno uguale dignità e sono entrambe insegnate a scuola.
La lingua è la prima vera casa, il legame affettivo e spirituale col mondo. “Vivi nella lingua come il feto nel liquido amniotico”, osserva nel suo scritto di poetica, Credo di novembre, del 1981, ancora inedito in Italia e tradotto da Arianna Marcon, giovane studiosa che su Bo Carpelan si è laureata all’Università di Firenze. E intorno all’autunno, la stagione “che non fa promesse eccessive”, ruotano molti suoi versi significativi, che spingono a un senso di appartenenza, nonostante il vuoto e la solitudine:

Di te, la bruma d’autunno dice: vieni,
abbandoniamo tutti i contorni netti,
e anche il nome dell’albero, per vedere come
il campo che stava proprio per sparire
si apre davanti al cielo
(da Esterno)

Bo CarpelanQuesto singolare rapporto fra persona e paesaggio, solitudine e fiducia, rispecchia quello fra appartenenza alla Finlandia e consapevolezza di un’altra identità linguistica. Nel rapporto con la lingua, individuale e universale, di cui la poesia “resta sempre la sorgente”, è la chiave del mistero dell’esistere, come appare nell’unico libro di Carpelan finora tradotto in italiano, da Carmen Giorgetti Cima: il romanzo Il libro di Benjamin (Iperborea, 2003), un successo in Finlandia e bene accolto dalla critica in Italia, con una postfazione preziosa di Massimo Ciaravolo che presenta l’opera dell’autore, sottolineando come l’immersione nel paesaggio non sia sinonimo di “escapismo” ma “impegno etico, una riflessione sul nostro essere nel mondo”.
Nella vicenda di Benjamin, traduttore “svedese di Finlandia” che decide di scrivere in proprio, trovano spazio i temi del bilinguismo, della multiculturalità e della solitudine come condizione esistenziale. Benjamin ha offeso Olli, amico d’infanzia, facendogli in un finlandese incerto un cattivo augurio. Di lì a poco l’amico ha un incidente che gli fa perdere la ragione. Solo dopo molti anni, superando il senso di colpa, Benjamin trova la forza di andare a trovarlo e chiedergli perdono: un viaggio nel passato e nella lingua d’infanzia, che sarà gravido di altri cambiamenti, sempre sullo sfondo di paesaggi enigmatici, custodi del mistero della vita umana.

Scarica le prime pagine del libro:
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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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