Pro Loco

Contro l’invasione serve una politica europea

Gianluca Savoini, settembre 2002

Alain De Benoist, intellettuale francese, è intervenuto alla prima scuola politica dei Giovani Padani

VARESE – L’immigrazione extracomunitaria rappresenta globalmente un fenomeno negativo. L’avvenire delle popolazioni del Terzo Mondo non può essere quello di trasferirsi in massa in Europa e vivere da noi, ma di sviluppare un tenore di vita utile alla loro sopravvivenza a casa loro. Quindi le leggi sull’immigrazione adatte a fronteggiare il fenomeno devono necessariamente contenere il concetto di cooperazione tra i Paesi europei quei Paesi in via di sviluppo ad alto tasso migratorio.
Alain De Benoist, intellettuale francese definito, a torto, secondo l’interessato, l’ideologo della “nuova destra” (“io non sono nè di destra nè di sinistra”, spiega), ha partecipato alla prima scuola politica dei Giovani Padani conclusasi domenica scorsa nella splendida cornice del Passo del Cuvignone, in provincia di Varese. Secondo De Benoist il problema della difesa delle identità dei popoli europei passa anche (ma non solo) attraverso il contrasto dell’invasione degli immigrati extracomunitari. ”

de benoist
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“Naturalmente esistono diverse scuole di pensiero in Europa sulla questione immigrazione – spiega lo studioso francese -. In Francia, Paese intriso di giacobinismo, si punta sull’integrazione individuale di ciascun extracomunitario, mentre in Gran Bretagna, ad esempio, si preferisce riconoscere le comunità di immigrati che rispettino in toto le leggi vigenti sul territorio britannico. Credo che questa sia la migliore soluzione, quando si parla di possibile integrazione degli extracomunitari in Europa. Le leggi vanno rispettate pienamente e senza discussioni anche da quelle comunità straniere”.

Professor De Benoist, anche il concetto di Europa sta suscitando ampi a articolati dibattiti, insieme a quello dell’immigrazione. La Lega Nord è fermamente contraria alla costruzione di un Superstato europeo. Lei che ne pensa?
Da sempre sono convinto che l’Europa unita potrà essere solo confederale, dove i poteri proverranno dal basso verso l’alto. Personalmente apprezzo gli sforzi di unità europea, ma sono molto critico sulle attuali modalità di edificazione dell’Ue. Oggi l’Ue è una struttura tecnocratica, autoritaria e giacobina, costruita partendo dall’alto, dalle norme imposte da Bruxelles. Si tratta quindi di un’ Unione più economica che storica e identitaria. Quali sono le grandi finalità, il grande progetto complessivo di questo tipo di Ue? Io non riesco a trovarli.

Attualmente in Europa la maggioranza dei governi è guidata dal centrodestra, che in materia di Europa la pensano in maniera diversa dai governi di sinistra che fino a pochi anni fa dominavano nel nostro continente. Quindi?
Quindi niente. Temo che i governi di centrodestra non sappiano sottrarsi alla logica della globalizzazione ultraliberista e non pensino affatto ad un’Europa confederale. Mi pare che nessuno voglia scavalcare questo muro ideologico. Anzi, si cerca di ampliare l’Ue verso est, senza prima raggiungere uno scopo unitario tra i membri attuali, che non sia meramente economico e monetario. La destra europea ha dimenticato l’idea di Europa delle identità.

Come mai i movimenti autonomisti vengono spesso accusati di razzismo?
Chi non vuole cambiare nulla accusa di razzismo gli altri. Ma va anche detto che bisogna anche vedere come si pone il problema della difesa delle identità dei popoli. Qualcuno lo fa in maniera effettivamente xenofoba e personalmente condanno tale impostazione. Se l’identità viene vista soggettivamente, allora il rischio di razzismo esiste. Se invece si vogliono elogiare le differenze bisogna essere pronti a difenderle tutte, senza esclusioni. Il vero razzismo è quello di chi rifiuta di riconoscere le differenze altrui e lavora per annullarle in una sorta di melting -pot, di mescolanza, elaborata in nome del mercato e dell’ultraliberismo. I razzisti sono i globalizzatori mondialisti, non certo gli autonomisti e i federalisti.

Professore, lei ha accettato l’invito dei Giovani Padani, non quello di An. Perché?
Perché i Giovani Padani mi hanno contattato regolarmente, chiedendo la mia disponibilità. Quelli di An invece mi hanno inserito in una loro iniziativa senza dirmelo in anticipo. Simili metodi a me non piacciono.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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