Pro Loco

Ossezia: quale libertà?

Massimiliano Vitelli per Les Enfants Terribles

I sogni muoiono all’alba. Le prime luci del mattino del 13 novembre sembrano riportare alla triste realtà il popolo ossetino. Il segretario generale del Consiglio d’Europa Terry Davis ha infatti dichiarato all’indomani del voto sull’indipendenza della regione separatista filo-russa della Georgia che “i risultati non saranno riconosciuti dalla comunità internazionale e che le circostanze con cui è stato realizzato il referendum (ai georgiani d’origine è stato negato il diritto al voto) lo rendono irrilevante anche come sondaggio indicativo”.

bambino a beslan, ossezia
bambino a beslan, ossezia
In effetti, l’esito plebiscitario del voto (è stato dichiarato un 99% dei consensi alla separazione dalla Georgia) alimenta forti dubbi su probabili brogli elettorali. Solo il governo di Mosca, ansioso di annettere l’Ossezia del Sud alla “Federazione Russa”, dichiara di riconoscere il voto.
La piccola regione è, infatti, al centro di un’annosa contesa tra la Georgia e la Russia. In uno scacchiere politico che, dallo smantellamento dell’U.R.S.S. ha prodotto una molteplicità di stati periferici alla “Federazione Russa”, l’Ossezia merita un posto di rilievo anche per la privilegiata posizione geografica che la vede presente in due continenti. L’Ossezia settentrionale in Europa e l’Ossezia meridionale in Asia. Il tutto a dispetto del suo tutt’altro che vasto territorio che non arriva ai 12.000 km quadrati.
Salita (tristemente) alla ribalta delle cronache mondiali nel settembre del 2004, l’Ossezia, oltre che a doversi preoccupare degli scontri interni che sembrano non trovare soluzione, deve difendersi anche dall’estendersi dei combattimenti della vicina Cecenia. Il caso della città di Beslan fece il giro del mondo. Era il primo giorno di scuola e, come vuole la tradizione osseta, nell’istituto di Beslan era stata organizzata una festa con la partecipazione di insegnanti, alunni, genitori e dipendenti vari. Purtroppo, non invitato, si presentò anche il terrorismo.
Quali che siano state le motivazioni che spinsero un gruppo di ceceni a sequestrare circa 1200 persone (per lo più bambini) non si può comunque giustificare l’assurdo e terribile esito di quella vicenda. Il bilancio finale contò più di 200 morti e oltre 700 feriti. Nei giorni a seguire ci furono ampie ripercussioni a tutti i livelli, da quello sociale a quello politico. La popolazione organizzò delle vere e proprie spedizioni punitive volte a vendicare il sangue di quei bambini innocenti che videro sparire il sogno della vita in poche ore. Le amministrazioni locali decisero addirittura di vietare l’accesso agli studenti di origine cecena agli istituti universitari.
strage di beslan
strage di beslan
Mentre quindi, tutti gli organi d’informazione (controllati dal governo di Mosca) diffondevano ad ampio raggio una serie di segnali che tendevano ad alimentare l’odio della popolazione ossetina nei confronti di quella cecena, a Grozny, capoluogo della Cecenia, scesero in piazza centinaia di persone di ogni estrazione sociale per manifestare la loro solidarietà al popolo dell’Ossezia e per condannare ogni forma di terrorismo.
La probabile censura però di queste notizie da parte dei mass-media russi (che hanno tutt’ora il monopolio dell’informazione nella piccola regione caucasica) di certo non ha creato i presupposti per portare pace e stabilità tra le due nazioni, alimentando anzi l’odio anti-ceceno che è alla base del consenso all’annessione alla “Federazione Russa” da parte della popolazione dell’Ossezia.
Sarebbe riduttivo però dire che le insurrezioni del popolo ossetino e la loro sete di libertà dalla Georgia siano guidate solamente dalla mano organizzativa del Cremlino. L’Ossezia del Sud è purtroppo oramai terra di nessuno, dove una sanguinosa e decennale guerra civile ha disseminato dolorose ferite. Una costante emigrazione della popolazione verso l’Ossezia settentrionale ha provocato un collasso dell’economia che impoverendo il paese lo stà spingendo verso una sorta di catabolismo senza fine.
risiko
risiko
La situazione attuale vede da una parte la Georgia che non vuole concedere la separazione e dall’altra il governo del Cremlino che sponsorizza in maniera plateale ed incondizionata il leader filo-russo Eduard Kokoity. Al centro il popolo ossetino, che come immerso in una grande partita di Risiko, si ritrova circondato da un’infinità di carri armati virtuali. Ancora non è dato sapere quale dei due schieramenti riuscirà ad accaparrarsi questo piccolo stato, ma una cosa è certa: a perdere la partita sarà sicuramente la democrazia. L’idea infatti di una terza via come la creazione di uno Stato libero ed indipendente dell’Ossezia (magari con un’unificazione delle due entità (settentrionale e meridionale) appare attualmente l’unica non presa in considerazione e quindi, a questo popolo già sofferente ed attraversato da mille difficoltà, non resta che aspettare di vedere chi vincerà la battaglia per arrecarsi il diritto di arruolarli sotto la propria bandiera.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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