Ruth Dudley Edwards, Daily Mail, 30 Maggio 2006
Durante la premiazione con la Palma d’Oro a Cannes il regista Ken Loach ha spiegato come il suo ultimo lavoro, The Wind That Shakes The Barley – un film pro-IRA girato in Irlanda e parzialmente finanziato con i fondi provenienti dalla National Lottery – rappresenti “un piccolo passo nel percorso d’autocritica che porterà gl’Inglesi a confrontarsi con il proprio passato imperialista”.
L’obiettivo è quello d’incoraggiare un parallelo tra la storia irlandese negli anni 1920-1922 e l’attuale situazione in Iraq, il che presuppone che gl’Inglesi siano dipinti come dei sadici e gli Irlandesi come dei romantici idealisti, combattenti della resistenza costretti a ricorrere alla violenza perché privi d’altri mezzi con cui ottenere il rispetto dei propri diritti.
Nella sua personale versione della storia, i soldati inglesi non hanno bisogno di ricorrere al proprio ardimento per premere allegramente il grilletto contro degli innocenti disarmati o per estrarre con le pinze le unghie dalle dita dei repubblicani. Secondo Loach, tutti gli occupanti sono degli oppressori, esattamente come tutti i capitalisti sono degli sfruttatori.
La visione politica del pluripremiato regista è rimasta invariata durante gli ultimi quarant’anni – indipendentemente dal fatto che il mondo sia stato sconvolto da nuovi accadimenti o semplicemente spazzato dal vento di nuove idee.
Sin dagli anni ’60, periodo nel quale si completò la sua radicalizzazione politica, lo scopo del suo lavoro è stato quello di promuovere una visione Marxista della lotta di classe, umanizzando gli elementi appartenenti ai livelli più bassi della scala sociale e demonizzando tutti gli altri.
Fu in quegli stessi anni che Loach finì nell’orbita di un’accolita di Marxisti che lo iniziarono ai principi del socialismo. Imparò così a sentirsi colpevole persino per il privilegio della propria giovinezza e iniziò a disprezzare tutti coloro che non erano interessati alla rivoluzione politica.
Fu proprio questa passione a permeare alcune delle prime commedie che produsse per la BBC in collaborazione con un altro socialista, Tony Garnett, trasmissioni che toccarono gli animi di un’intera generazione e che alimentarono il fuoco dei riformisti.
L’anno successivo, Cathy Come Home mostrò l’annientamento di una giovane famiglia compiuto da uno stato incurante e da spietati assistenti sociali (il film inspirò la fondazione dell’Istituto di Carità per i Senzatetto, Shelter).
A distanza di trent’anni dalla realizzazione, il film indipendente Kes, sul ragazzo che ha per unico divertimento l’addestramento di un falchetto, continua a commuovere gli spettatori; Days of Hope, realizzato alla metà degli anni ’70, illustra la storia del British Workers Movement nel decennio che va dal 1916 al 1926.
Loach decise di proseguire sul quel filone e anzi s’impegnò a raccogliere nuove sfide in occasione dell’ascesa al potere di Margareth Thatcher e del successivo slittamento politico che, con suo immenso sconcerto, portò la beneamata classe operaia a votare per i Tory dopo aver beneficiato della rivoluzione delle case popolari.
Negli anni ’90, soprattutto grazie al supporto di Channel 4, la carriera di Loach ricominciò a riprendere quota. La sua visione politica rimase semplicistica (sebbene nel frattempo avesse abbandonato il Labour Party per unirsi ai Socialist Workers) mentre il suo talento come regista riuscì a portargli premi, riconoscimento e soldi – e i suoi soggetti iniziarono ad essere persino più esotici.
In una frase memorabile, l’allora MP per i Tory, Ivan Stanbrook, descrisse il film come “l’ingresso dell’IRA a Cannes”.
Ma qual è la verità nelle mani di questo propagandista marxista?
Loach realizza produzioni a basso costo con l’impiego d’attori non professionisti, il che gli consente di vagabondare con la telecamera e con una piccola troupe per condurre la sua personale campagna.
Nelle mani di questo troskista originario dello Warwickshire, il film Land and Freedom, sulla vita di un giovane abitante di Liverpool che si unisce ai combattenti repubblicani in Spagna nel 1936, diventa un attacco violento sia contro Stalin che contro il Fascismo.
Carla’s Song ci racconta il viaggio verso il Nicaragua di un conducente di autobus di Glasgow e di una tormentata rifugiata politica.
Il diluvio del suo taglio anni ’60, delle ambientazioni domestiche, dello stile socialista-realista è proseguito inarrestabile. C’è stato il compassionevole interesse nei confronti della miseria più opprimente (Raining Stones); la persecuzione di una madre single da parte dei servizi sociali (Ladybird, Ladybird); la storia dello sciopero dei portuali di Liverpool nel 1990 (The Flickering Flame); una storia d’amore dannata tra un ex-alcolista e un’assistente sociale (My Name’s Joe); e il caos fronteggiato dagli impiegati della manutenzione delle ferrovie durante la privatizzazione (The Navigators).
Probabilmente non c’è da stupirsi che i suoi film siano scarsamente distribuiti in Gran Bretagna e, di conseguenza, Loach si sarà ormai rassegnato al fatto che la sua cara classe operaia ne abbia visti ben pochi. Le sue produzioni riscuotono invece grande successo in Europa, dove si agitano sentimenti anti-britannici e anti-americani.
Facendo ricorso a quello che può essere definito al massimo un potpourri di mezze verità, Loach spera di riuscire convincere i politici britannici a riconoscere i torti dell’Impero e a scusarsene.
È decisamente improbabile che qualsiasi politico di spicco possa rispondere a questa logica contorta dicendo la verità. Dal momento che la verità, mentre gl’imperi spariscono, è che la versione Britannica si è verosimilmente rivelata la più responsabile ed umana. Con tutti i suoi difetti l’Impero Britannico è stato infatti in grado di valorizzare la maggior parte dei paesi che ha occupato. Oltretutto, sono cose successe molto tempo fa e nessuno dovrebbe essere costretto a chiedere perdono per quanto accaduto.
Traduzione di FF
Il vento che accarezza l’erba
di Ken Loach, anno 2006
Acquista su IBS
L’agenda nascosta (Hidden agenda)
di Ken Loach, 1990
Acquista su IBS