Askatasuna Aurrera

Novelle Bilbaine

Da Bilbao, Andrea Aska Varacalli

La formazione basca di HaikaNiente può caratterizzare meglio la polarizzazione prodotta dal conflitto basco, del contrasto stridente che separa le due immagini politiche in lotta, quella centralista e quella nazionalista. Di una realtà estremamente più complessa entrambe forniscono una versione ideologica e caricaturale nata dall’esperienza franchista della società spagnola; gli sconvolgimenti avutisi in seguito a trent’anni di spietata lotta armata dell’Eta e di atroce repressione condotta da Madrid, hanno fatto di loro il modello dei movimenti radicali di massa, cioè del socialismo indipendentista basco e del vivace retaggio franco-fascista spagnolo. L’altra notte, su per Bidebarrieta, nel cuore ultra-nazionalista di Casco Viejo a Bilbao, l’aria era impregnata di nafta e i muri delle calle si erano si erano riempiti con scritte che vedevano Garzon al centro di un mirino. L’odore acre proveniva dalle decine di cassonetti in fiamme, sportelli di bancomat anneriti dalle molotov, appena dietro Piazza Santiago dove Batasuna aveva la sua sede storica e man mano che ci si spingeva dentro questo santuario dell’Eta, voci nervose di giovani si avvicinavano, le uniche a riempire il silenzio del distretto. L’orologio segnava le tre e mezza del mattino: dalle calle Torre Cintur, da un palazzone grande e vecchio, con lastre di vetro nero appena rifatte e che occupava almeno mezzo isolato, veniva srotolato uno striscione, aveva le dimensioni per esteso della galleria di un ascensore, dall’ultimo al primo piano.

Indipendentisti bachi di ETA“Gora Eta militarra” il serpente blu simbolo della formazione paramilitare al centro dell’edificio, oscurava le finestre di tre piani. Sotto, ai piedi dell’isolato, c’era gente che sembrava naufragata, spalmatasi sul selciato delle Calle: giovanissimi barboni, anarco-skins, collassavano gli eccessi di una notte, incuranti dei militanti baschi che intanto si stavano calando giù dalle terrazze, appesi come speleologi urbani, mentre con una mano si scoprivano il volto nascosto da un passamontagna. La mattina dopo, quello del chiosco vicino la casa del popolo del Pnv spiega che “Accade tutte le notti. Fanno come cani e gatti. Issano i vessilli e l’Ertzaintza glieli tira via”. Xeban, è uno serio, qui ci vive dai tempi della resistenza nella Guerra civile. Quando ci si tuffa nella questione di Euskal Herria (Paesi Baschi), è d’obbligo considerare che storicamente la Spagna è uno Stato pluri-nazionale, con grembo tre nazioni ben definite (Euskal Herria, la Galizia e la Catalogna), regioni che con l’avvento della seconda Repubblica (1931-1939) ottennero lo statuto di autonomia. È necessario anche aver presente che sebbene il tessuto sociale moderato di Euskadi, rappresentato dal Partito Nazionalista Vasco (Pnv) abbia apprezzato il vigente statuto autonomo, sono molte oggi le dichiarazioni che evidenziano una certa insoddisfazione tra i cattolici liberali di Bilbao: “Il federalismo nordamericano è più profondo dello Statuto di Gernika” dicono i vecchi nazionalisti che indossano la tradizionale boina. Inoltre, l’opera di demolizione degli apparati politici e sociali di Euskadi introdotta dalla illegalizzazione della sinistra, iziquierda, patriottica inaugurano de facto un nuovo capitolo nella storia della ragione basca: alle 4 del pomeriggio del 26 agosto di quasi quattro anni fa, il giudice Baltazar Garzon e il Congresso spagnolo hanno decretato la sospensione per tre anni, prorogabili a cinque, di tutte le attività politiche del partito-movimento Batasuna (Unità popolare), la vetrina politica di Euskadi Ta Askatasuna, l’Eta.

Come nel periodo franchista, il governo di Madrid recupera le misure restrittive a rinforza nuovi piani d’emergenza anti-terrorismo definiti dal premier dei Popolari spagnoli (Pp) Jose Maria Aznar, nati per contrastare “El peligro secesionista”, il pericolo secessionista. Il divieto della riunione illecita (formata anche da sole tre persone), la propaganda illegale, la creazione di organizzazioni extra-partitiche clandestine, con tenacia lo Stato spagnolo dispiega l’offensiva per strangolare l’indipendentismo basco e la lotta armata dell’Eta ad un prezzo altissimo per le libertà civili e democratiche di Euskadi. A tale iniziativa vi sono altrettanti riscontri storici, un loop degli eventi che si ripresenta ogni volta il nazionalismo basco ha alzato la voce sul tema dell’autodeterminazione.

Era il 1981 quando in un’intervista il presidente del Pnv Xabier Arzalluz formula, in un passaggio, questa lucida analisi di tremenda attualità: “Ciò che succede, è che a Madrid sono di una tale pochezza che, a volte, cominciano a darsi da fare, quando questi (Eta ndr.) schioccano le dita. Questo è il dramma. Non riesco a capacitarmi. Chi dà alla fine ragione alla violenza? Eravamo riusciti a trascinare l’Eta sulla strada della negoziazione. E quando l’abbiamo ottenuto, il governo spagnolo ci appioppa nuove leggi che ostruiscono questo processo…”. E esattamente dodici mesi dopo l’interruzione della tregua di Euskadi Ta Askatasuna, nel dicembre di due anni fa, nasceva a Madrid il BOE: il patto di sangue tra i popolari di centro destra e i socialisti del Psoe di Luis Zapatero, approvato lo scorso 25 giugno come “l’Accordo per le libertà contro il terrorismo” conferendo allo Stato spagnolo poteri assoluti di intervento sul processo di sovranità in corso nei paesi baschi: “Esaurire la lotta armata dell’Eta è una questione di Stato: devono (Batasuna ndr.) rispettare la costituzione e lo Statuto. Non faremo differenze.” spiega il leader socialista madrileno.

ETA e Euskal HerriaLa messa fuorilegge delle costellazioni politiche e paramilitari che formano il Movimento Nazionalista di Liberazione Vasco da parte di Madrid è stata puntualmente seguita da altrettanto ferree legislazioni di emergenza del governo francese, sin dai tempi dell’Embata (vento marino che precede la tempesta) che riuniva gli studenti baschi a Bordeaux, Tolosa e Parigi negli anni ’60. “Dopo Haika lo scorso anno ora metteranno fuorilegge Segi” spiega Ignaxi, uno studente di San Sebastian. Secondo il giovane universitario basco “la lotta armata di Eta adesso è l’unica via uscita. L’Embata continua a pulsare nei corridoi delle università di Euskal Herria. Possono illegalizarci, ma non potranno mai fermare il vento dell’indipendenza”.

Sulle strade di Lapurdi, nel dipartimento pireneo-atlantico francese, Segi è una sigla di riconoscimento della gioventù basca, formazione direttamente derivata dal manifesto di Embata presentato il 15 aprile del ’63 a Itsasu reclamando l’entità nazionale delle sette province che formano Euskadi. Sarà Parigi a occuparsi di loro con una nuova task-force coordinata da Baiona, e che vedrà schierata l’intelligence all’interno degli atenei: “Sono il vivaio di Eta nel basco francese, – spiegano Felix e Julio, due ricercatori dell’Università di Bilbao – e siamo d’accordo sull’illegalizzazione di queste organizzazioni. Haika aveva sequestrato il linguaggio dell’Università. Non avevi diritto di replica se non eri stato eletto a uno di loro. Per i membri di Haika, dopo la fine del corso, è quasi un processo naturale la militanza almeno per un giorno con Euskadi Ta Askatasuna”.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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