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C’era una volta in Irlanda del Nord: Dalla protesta alla lotta

Dalla fine degli anni Sessanta all’accordo di pace del “Venerdì Santo” del 10 aprile 1998, i “troubles” che hanno contrapposto l’Esercito Repubblicano Irlandese (IRA) alle forze militari e di polizia britanniche e alle milizie unioniste in Irlanda del Nord hanno causato più di 3.500 morti, la metà dei quali civili, su una popolazione di circa 1,5 milioni di abitanti. Hanno inoltre messo l’una contro l’altra le popolazioni cattoliche e protestanti dell’Ulster e hanno cambiato profondamente il destino di tre generazioni che hanno sofferto nella loro carne una guerra a bassa intensità che non ha mai detto il suo nome. Questo primo episodio traccia il punto di svolta verso un’escalation di violenza quando, nel 1969, le manifestazioni pacifiche per i diritti civili dei cattolici, sottorappresentati negli organi politici locali a causa di un sistema elettorale distorto, furono violentemente represse da una forza di polizia prevalentemente protestante.

La tensione degenera in disordini, seguiti dall’arrivo delle truppe britanniche, incaricate di ristabilire l’ordine. Accolte con tè e dolci da entrambe le parti, le truppe britanniche furono gradualmente assimilate dai cattolici a una forza di occupazione nemica, i cui metodi divennero sempre più brutali man mano che l’IRA intensificava gli attacchi, prendendo di mira in particolare soldati e poliziotti. La “domenica di sangue” del 30 gennaio 1972, durante la quale la polizia sparò su una folla pacifica a Londonderry (uccidendo 14 persone), fu seguita a luglio da una serie di attentati del “venerdì di sangue” (uccidendo 9 persone), ordinati dall’IRA come rappresaglia…

Guerra di quartiere
“Quando ero giovane, l’Irlanda del Nord era costantemente nei notiziari […]. Da adulto, ero in grado di comprendere le grandi linee politiche alla base di questa litania di violenza, omicidi e sofferenze, ma dopo aver incontrato gli iracheni, mi sono reso conto che non avevo idea di cosa provassero le persone che avevano vissuto questa storia caotica”. Fedele al metodo utilizzato nella sua precedente serie di documentari, come in C’era una volta in Iraq, James Bluemel ha attinto a una grande quantità di materiale d’archivio per rintracciare uomini e donne di ogni estrazione sociale (ex membri dell’IRA, delle milizie unioniste o delle truppe britanniche, figli e coniugi di coloro che sono stati uccisi o imprigionati, ecc. Confrontandoli con queste immagini del passato, ha chiesto loro di scavare nel loro dolore, nelle loro ferite, nelle loro lotte, per consegnare la loro parte di verità. Ancora una volta, questo racconto intimo e corale dei “guai del c…o”, come li chiama amaramente uno dei protagonisti, offre una versione inedita della storia, aiutandoci a capire come la violenza della storia plasmi i destini individuali e si imprima nei livelli più profondi degli esseri umani. La bellezza dei filmati d’archivio e la finezza del montaggio trasmettono in modo toccante la realtà di questa guerra “di vicinato”, da famiglia a famiglia, che ha colpito soprattutto la classe operaia, proletari che condividevano la stessa cultura operaia e talvolta anche le stesse scale.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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