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Tre uomini, condannati per aver tentato di acquisire armi per la Real IRA, chiedono il risarcimento danni per detenzione illegale

Tre uomini che hanno ricevuto lunghe pene detentive per aver tentato di acquisire armi per la Real IRA chiedono il risarcimento dei danni per il periodo della loro incarcerazione che è stato ritenuto illegale dai tribunali irlandesi.

Le azioni legali sono state intentate da Fintan O’Farrell, Declan Rafferty e Michael McDonald, tutti provenienti da Co Louth.

I legali dello Stato respingono le loro pretese e affermano che i loro diritti non sono stati violati e che non hanno diritto ad alcun risarcimento del danno.

I tre, a seguito di un tentativo di procurarsi armi e sostegno finanziario dal governo iracheno, sono stati arrestati dalla polizia slovacca nel luglio 2001 dopo un incontro con chi ritenevano fossero trafficanti d’armi iracheni. I “commercianti” invece erano agenti di sicurezza britannici sotto copertura. Dopo il loro arresto, i tre furono estradati in Inghilterra.

Nel 2002 si sono tutti dichiarati colpevoli davanti a un tribunale di Londra per cospirazione a causare esplosioni e accuse ai sensi del Terrorism Act del Regno Unito del 2000 e alla fine hanno ricevuto pene detentive di 28 anni.

Nel 2006 sono stati trasferiti in Irlanda, dove sono stati incarcerati nella prigione di Portlaoise.

Nel 2014 l’Alta Corte ha ritenuto illegale la detenzione continua di O’Farrell, Rafferty e McDonald.

Ciò era dovuto alle differenze tra i sistemi di condanna del Regno Unito e dell’Irlanda, tra cui il fatto che i prigionieri in Irlanda hanno diritto a un quarto di remissione della pena mentre nel Regno Unito si applica normalmente un terzo di remissione e quindi il tribunale ha ordinato che fossero rilasciati dalla custodia.

I tribunali, in ottemperanza ad una precedente causa intentata da Vincent Sweeney di Sligo, hanno ritenuto che i mandati di trasferimento da una prigione del Regno Unito all’Irlanda fossero difettosi nel riferirsi alle condanne degli uomini a 28 anni e non al termine che avrebbero dovuto scontare, 18 anni e 8 mesi.

I tribunali irlandesi hanno inoltre affermato che i mandati avrebbero dovuto riferirsi a una durata definita di due terzi delle loro condanne ricevute nel Regno Unito.

In un’azione avviata martedì davanti al giudice Cian Ferriter, gli uomini chiedono ciascuno un risarcimento per il periodo, tra il 2006 e il 2014, trascorsi in prigione che i tribunali irlandesi hanno ritenuto illegale.

Il periodo di errata reclusione, affermano, equivale a una violazione del loro diritto costituzionale alla libertà.

Rappresentati da Micheá Ó Higgins SC, David Conlan Smith SC e Declan Higgins BL, su incarico dell’avvocato John Quinn, le pretese degli uomini sono state avanzate contro il ministro della Giustizia irlandese, il procuratore generale e il governatore della prigione di Portlaoise.

Affermano che gli imputati sono stati negligenti perché hanno permesso agli uomini di essere imprigionati sulla base di un’ordinanza che non era valida e non hanno rispettato il loro diritto alla libertà.

O’Farrell, Rafferty e McDonald affermano di aver trascorso otto anni nella prigione di Portlaoise, che è stata descritta come una vecchia struttura con scarso riscaldamento e dove ogni mattina dovevano “sbarazzarsi” dei rifiuti organici espletati nelle loro celle.

I tre uomini hanno chiesto il trasferimento per motivi familiari.

Gli organi dello Stato chiamati in giudizio si oppongono alle pretese e negano le affermazioni degli uomini.

Secondo i legali gli uomini non hanno diritto al risarcimento dei danni perché sono stati legalmente condannati nel Regno Unito e se fossero rimasti in quella giurisdizione non sarebbero stati rilasciati prima di aprile 2020.

Il ministro della giustizia, il procuratore generale e il governatore della prigione affermano di essere stati obbligati per legge ad agire in conformità con i mandati e dalle loro azioni non può derivare alcuna azione risarcitoria.

Viene sostenuto inoltre che le denunce costituiscono un abuso di processo e dovrebbero essere respinte.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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