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I giorni di Leo Varadkar erano contati

Leo Varadkar ha rassegnato oggi bruscamente le dimissioni da taoiseach dell’Irlanda, lasciando perplessi anche i suoi più stretti alleati. Sono rimasto molto sorpreso, non me l’aspettavo affatto”, ha dichiarato Micheal Martin, vice di Varadkar, dopo l’annuncio. Il leader irlandese ha detto di volersi dimettere per motivi “sia personali che politici”, per dare al suo partito Fine Gael le migliori possibilità di vittoria alle prossime elezioni. Un tempo beniamino dell’establishment liberale irlandese e fidato portatore di voti, la caduta di Varadkar è un duro rimprovero alle élite progressiste del Paese. Il governo di Varadkar ha respinto le preoccupazioni dei cittadini con luoghi comuni Per decenni i governi liberali irlandesi hanno avuto il vento in poppa. Il divorzio e il matrimonio tra persone dello stesso sesso sono stati legalizzati dopo referendum vittoriosi e, più recentemente, è stato abrogato il divieto di aborto. Il Paese si stava liberando dei principi conservatori e cattolici su cui l’Irlanda era stata fondata a una velocità sorprendente. Ma come un giocatore d’azzardo incapace di mollare finché è in vantaggio, Varadkar – già su un terreno elettorale traballante per il suo esperimento di apertura delle frontiere – ha rimesso le fiches per un altro giro di ruota. Ha indetto un doppio referendum per “modernizzare” la costituzione irlandese con due emendamenti: il primo prevedeva l’eliminazione di un riferimento al matrimonio come fondamento della famiglia, il secondo proponeva di eliminare un riferimento all’importanza dei “doveri della madre in casa”. Il leader irlandese ha presentato i referendum come un’occasione per eliminare dalla Costituzione un linguaggio “molto antiquato e molto sessista sulle donne” e ha esortato i cittadini irlandesi a non fare “un passo indietro” votando No. Inquadrando il voto in questo modo, Varadkar ha puntato al massimo: l’implicazione, in caso di mancata approvazione, è che gli irlandesi sono dei vecchi rimbambiti sessisti. L’inopportunità di questa scelta è apparsa evidente quando le schede elettorali hanno mostrato che entrambe le proposte sono state clamorosamente sconfitte (una con il 74%) in uno dei risultati referendari più conclusivi della storia irlandese, costringendo Varadkar ad ammettere che gli elettori avevano dato al suo governo “due colpi”.
Lo shock è stato aggravato dai sondaggi che suggerivano che il “Sì”, sostenuto da tutti i principali partiti, sarebbe passato con facilità. Ma Varadkar, che era in giro a fare propaganda nei quartieri benestanti di Dublino prima del voto, ha frainteso l’umore del resto del Paese, con tutte le contee al di fuori della capitale che hanno votato No.  Il risultato è stato inopportuno per un governo già alle prese con l’immigrazione di massa e la carenza di alloggi e servizi. Il governo di Varadkar è apparso spaesato, indulgendo in crociate progressiste poco pratiche, mentre non ha affrontato le preoccupazioni più urgenti dei comuni cittadini irlandesi. Questo è avvenuto insieme all’allentamento delle frontiere irlandesi da parte di Varadkar, che ha portato la popolazione irlandese ad aumentare di quasi il 2% l’anno scorso, nonostante la maggioranza degli elettori fosse a favore di un rafforzamento dei controlli alle frontiere. Una marea di richiedenti asilo è stata trasportata in hotel e altri spazi in tutto il Paese, spesso di notte e senza avvisare le comunità locali, lasciando irriconoscibili le piccole città dell’Irlanda rurale. Il governo di Varadkar ha respinto le preoccupazioni della gente con banali appelli alla “compassione” dell’Irlanda e con un linguaggio legnoso sugli “obblighi internazionali”. Questo ha catapultato l’immigrazione da una preoccupazione marginale alla questione numero uno della politica irlandese e ha convertito un pubblico irlandese un tempo compiacente in scettici riflessivi. La diga sembrava sul punto di scoppiare ieri, quando dieci deputati del partito Fine Gael di Varadkar hanno annunciato che non si sarebbero candidati alle prossime elezioni. La perdita di capitale politico, come scrisse Ernest Hemingway a proposito della bancarotta, avviene “gradualmente e poi improvvisamente”.
Varadkar è saltato prima di essere spinto.

Let

Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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