Free StateIn evidenza

Ruth Dudley Edwards: Non temete – il sud non vuole un’Irlanda unita

La polemica della prestigiosa battitrice libera dell'editoria politica irlandese: "Col tempo imparai a vedere la leadership repubblicana per i fascisti che erano"

Mi scuso con coloro che hanno già sentito questa storia, ma penso che sia uno dei commenti più eloquenti sulle aspirazioni irlandesi all’unità che abbia mai sentito da un comune cittadino della Repubblica. Ero stata a Dublino e stavo andando all’aeroporto per prendere un aereo per Londra quando alla radio qualcuno ha parlato di un’Irlanda unita. “Cosa ne pensi?” Ho chiesto al tassista. “Non mi dispiacerebbe neanche un po’”, ha detto, “purché non abbia alcun effetto sulle ventisei contee”. Ho usato questo aneddoto in un saggio che ho contribuito a una raccolta del 2006 (Gran Bretagna e Irlanda: vite intrecciate II) curata dal British Council, che, come al solito, stava cercando di riunire le persone aiutandole a capirsi. Come scrittore di libri per lo più non conflittuali, avevo avuto anni Ottanta e primi anni Novanta relativamente tranquilli, ma avevo un profondo interesse per le relazioni anglo-irlandesi, ero arrivata a interessarmi molto all’Irlanda del Nord e avevo visto molti dei protagonisti da vicino alle conferenze, e – da cattolica di Dublino – avevo scoperto che quando li conoscevi, gli unionisti erano più gentili di quanto sembrassero e i nazionalisti no e che chiunque pensasse che ci fosse una risposta semplice al problema costituzionale irlandese era pazzo. Sempre più disturbata dal fatto che l’IRA sembrava letteralmente farla franca con l’omicidio sulla stampa e con il pubblico perché le parole “processo di pace” sembravano dar loro un lasciapassare, ho iniziato a scrivere per i giornali nel 1994 e nel giro di pochi mesi ero diventata una di quei giornalisti accusati di essere anti-pace perché scrivevamo di ciò che stava realmente accadendo nonostante ciò causasse fastidio ai repubblicani e al Dipartimento degli Affari Esteri irlandese. Imparai a vedere la leadership repubblicana per i fascisti che erano, e con l’aiuto di Sean O’Callaghan, un killer dell’IRA nella sua adolescenza che si era rivoltato contro l’intera organizzazione, aveva salvato molte molte vite facendo la spia (non pagata) per la polizia irlandese e poi si era arreso e aveva scontato la sua pena, arrivai a capire pienamente il terribile male della violenza del repubblicanesimo irlandese e perché non dovrebbe mai essere rabbonito. Quando mi avvicinai agli unionisti e agli Orangemen durante il periodo di Drumcree e feci del mio meglio per spiegare il loro punto di vista nella stampa e nell’etere – dato che per lo più lo facevano a malincuore o non lo facevano affatto – non ci volle molto perché diventassi un paria (un voltagabbana, un traditore, un amante dei Prod – protestanti – e Orange Lil ecc. ecc.) nei circoli nazionalisti del nord e del sud. Questo fu cementato dal libro che pubblicai nel 1999 sull’Orange Order e e su come la morte e la distruzione causate dagli scontri sulle parate furono pianificate e attuate dall’IRA, che poteva contare sulla testarda stupidità di molti leader dell’Ordine e sulla malvagità di Billy Wright e dei suoi seguaci assassini. In nome della pace, i leader dello Sinn Fein cercarono di farmi cacciare dalla mia rubrica sul Sunday Independent – quasi l’unico giornale irlandese implacabilmente contrario al terrorismo e tuttavia assolutamente tollerante verso tutti i punti di vista. Ho perso amici irlandesi a nord e a sud e ho sentito da alcuni di quelli risoluti che evitavano di menzionare il mio nome in compagnia perché non volevano iniziare a litigare. Avendo vissuto per decenni a Londra, rimasi davvero scioccata nello scoprire la forza del pensiero di gruppo nel nazionalismo irlandese – che si estendeva ai più alti livelli. Quando fui invitata da un braccio dell’establishment, il British Council, a scrivere quello che volevo sulle relazioni anglo-irlandesi, chiamai il saggio “The Outsider” – perché, come molti scrittori, è quello che sono – e scrissi selvaggiamente di quei tipi coinvolti nella discussione sul futuro dell’Irlanda del Nord che mi fanno impazzire (è sul mio sito web e ad alcuni di voi potrebbe piacere: https://www.ruthdudleyedwards.co.uk/journalism/the-outsider/). Ecco cosa ho detto della frase del tassista “che riassume l’ambivalenza e l’ipocrisia dei nazionalisti dell’Irlanda del Sud verso l’Irlanda unita.

“Essendo inclini a godere del vittimismo, sono per lo più felici di aggrapparsi alla lamentela che gli inglesi possiedono l’Irlanda del Nord. Aspirano vagamente ad acquisirla, e canteranno da ubriachi della vecchia orgogliosa che rivuole il suo quarto campo verde. Sono spaventati dall’IRA, ma molti hanno quello che si chiama un ‘subdolo riguardo’ per il coraggio dei ‘ragazzi’. Eppure in cuor loro vogliono l’Irlanda del Nord solo se non aggiunge un centesimo alle loro tasse e se c’è la garanzia che quegli orribili nordisti rimangano lassù al loro posto”.

L’Irlanda ha una stabilità conquistata a fatica, e non vuole che sia minata. Gli unionisti dovrebbero smettere di preoccuparsi. Sondaggi attendibili mostrano che un’Irlanda unita non è desiderata e anche se ci fosse un sondaggio sul confine, gli elettori del sud voterebbero no pur sostenendo di aver votato sì. E quando viene chiesto di discutere i termini per un’Irlanda unita, i politici unionisti dovrebbero chiedere educatamente: “E quali sono i vostri termini per il ricongiungimento con il Regno Unito?”

Ruth Dudley Edwards è l’autrice di The Faithful Tribe: an intimate portrait of the loyal institutions

Väinämöinen

Då Som Nu För Alltid https://www.youtube.com/watch?v=bubOcI11sps

Related Articles

Close