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Il fotografo Magnum, Gilles Peress, sulla Bloody Sunday: “Ho visto persone vive, senza armi, e poi morte”

Il grande fotografo francese Gilles Peress ha catturato immagini strazianti di violenza e dolore a Derry

Un gruppo di uomini striscia per terra, cercando di trovare un riparo dalla sparatoria. Undici persone sono state uccise o ferite mortalmente da quando il Reggimento Paracadutisti dell’esercito britannico ha aperto il fuoco nel Bogside di Derry meno di 10 minuti fa. Un giovane fotografo francese, Gilles Peress, li fotografa mentre si accovacciano per evitare i proiettili. Uno di loro, Patrick Doherty, ha un fazzoletto legato sulla bocca e sul naso per proteggersi dal gas CS; è l’unico tocco di bianco nel nero e grigio della fotografia. Mentre scompaiono dalla vista, Peress decide di seguirli. Quando li rivede, pochi istanti dopo, Doherty è steso supino a terra. “Era chiaramente ferito molto gravemente, se non morto”, dirà in seguito Peress all’inchiesta Saville sulla Bloody Sunday. “C’era un uomo dietro Doherty, che strisciava sulla pancia verso Doherty gridando qualcosa con un’espressione di shock sul viso”. Descrive lo stupore del capo ufficio di Magnum a Parigi quando ha sviluppato le foto. “Vede la foto di Patrick Doherty sdraiato e segue il suo strisciare sotto il passaggio ed è sdraiato morto, e ha detto, “per l’amor di Dio, abbiamo una foto di un uomo disarmato e colpito a morte”. Tale è il significato delle foto di Peress; non solo trasmettono con terrificante immediatezza l’orrore e la confusione della Bloody Sunday, ma descrivono anche che – contrariamente al racconto dell’esercito britannico – le vittime erano civili disarmati.

NORTHERN IRELAND. Derry / Londonderry. 30th January 1972 . A victim, Barney McGuigan, lies in a pool of blood as the shooting stops on Bloody Sunday.

Peress farà questo punto, con forza, all’ormai screditato tribunale Widgery e all’inchiesta Saville. “Non ho visto un uomo con una pistola”, dice Peress. “Ho visto persone vive, senza pistola, e poi morte”. È stato un punto di svolta; “in quel tipo di situazioni io non esisto… Sono dall’altra parte della telecamera, in gran parte c’è una parte di me che è trasparente”. Quando un soldato gli ha sparato “ho girato l’angolo, gli ho mostrato la mia macchina fotografica, lui ha sparato e c’è stato un impatto [nel muro dietro]… ha mancato la mia testa di tanto così, ma non c’è nessuna sensazione che io ricordi”. “Quando arrivai da Barney McGuigan e quando il prete venne a dargli l’estrema unzione ero in lacrime ma stavo ancora scattando foto”. Bloody Sunday, dice, è stato “un evento che ha davvero cambiato il Nord… la notte dopo negli appartamenti [nel Bogside] c’erano file di ragazzi che volevano diventare volontari [dell’IRA]. Quel giorno crearono l’IRA”. Per Peress, ha anche creato un legame e un’attrazione per tutta la vita con l’Irlanda del Nord; ci sarebbe tornato più volte, non ultimo al tempo degli scioperi della fame nel 1981 e del primo cessate il fuoco dell’IRA nel 1994. “L’impatto delle potenze coloniali e specialmente del Regno Unito sul mondo, questo mi ha afferrato, e il fatto che gli irlandesi hanno sempre resistito, anche questo mi ha afferrato.

Così questa è la ragione per cui sono stato coinvolto e sono tornato e ritornato ancora”. Un notevole libro fotografico in due volumi di 2.000 pagine, Whatever You Say, Say Nothing (accompagnato da un volume esplicativo separato, Annals of the North) di Peress e Chris Klatell, pubblicato l’anno scorso, mira a descrivere la “totalità” della vita nel Nord “in tutte le sue complessità, a descrivere i giorni in cui ci sono eventi e la gente muore, e i giorni noiosi… non il giornalismo ma un senso di ciò che significava vivere in quel posto”. Perciò ci sono fotografie di cacce alla volpe e notti fuori e gente in maschera, così come ci sono anche fotografie di paramilitari mascherati, adolescenti in rivolta e di autobus in fiamme. Peress spiega che “in un posto come il Nord, il tempo non è più lineare; gli anniversari, le proteste e la volontà della storia stessa fanno sì che le vite si svolgano in una struttura ciclica del tempo, è elicoidale”. La battaglia ora in gioco, dice, è sulla scrittura della storia. Ricorda un murale sulla Springfield Road a Belfast, “e diceva che i vincitori scrivono la storia… Quando penso alla Bloody Sunday, è parte di un treno di pensieri che ha a che fare con questa scrittura della storia”. Aveva sperato di tornare a Derry per il 50° anniversario del Bloody Sunday, ma questo desiderio è stato interrotto dal Covid-19. Il suo prossimo libro comprenderà le foto scattate dal 1994, comprese quelle del suo viaggio più recente, quando “ha fatto tutto il Border… Ho iniziato a Derry e sono andato fino in fondo, compresi quei momenti folli a Cavan dove ogni 15 metri hai un altro pezzo di Confine”. Il suo titolo sarà preso da una frase francese, tra cane e lupo, che descrive la luce al momento del giorno “quando non è più giorno e non è ancora notte… dove non sai se stai guardando un cane o un lupo”.

È lì che si trova ora il Nord, dice Peress. “Non sai dove sei, sei tra il cane e il lupo”.

Whatever You Say, Say Nothing, di Gilles Peress, è pubblicato da Stiedl

 

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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