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Dissidenze basche nell’ETA. I servizi rilasciano alla stampa i colloqui in carcere degli etarras sullo stato delle trattative

“Se mi dessero una possibilità in questa vita,

prenderei una pistola e farei la lotta armata anche da solo”

Iñaki Bilbao

 

 

E’ inevitabile, come stanno le cose che i partner di questa conversazione siano l’etarras dell’ETA, la voce fuori dal coro, Bilbao Goikoetxea e, soprattutto, Isabel Delgado Sanjosé, militante di spicco della corrente ATA (Amnistia Ta Askatasuna), la scissione di Euskadi Ta Askatasuna, la dissidenza critica della sinistra ufficiale nazionalista e patriottica, solita a fargli visita in prigione come gli altri compagni di lotta. E ‘avvenuto il 28 Aprile 2018 – un leak del CNI di Madrid, prontissimo – ma ora è trapelato dai servizi, quasi ufficiali, alla stampa, e mostra – o mostrerebbe – come i dissidenti siano disillusi con il processo di risoluzione del conflitto basco. Anche se la formazione sembra inghiottita nell’equazione politica, Bilbao ha insistito che “coloro che hanno firmato il trattato, hanno ceduto.” L’etarra, largamente riconosciuto come un peso massimo della constellazione militare dell’ETA-m (ha partecipato nell’operazione Carrero Blanco del 1973), spiega che “l’ETA non può essere sciolta, nessuna organizzazione  può essere sciolta mentre ha i propri  membri in prigione”. Aggiunge anche che c’era un gruppo di alcuni prigionieri,  15 almeno,  ora separati dai servizi spagnoli, tra i quali ha citato Daniel Pastor Alonso, Jon Kepa Preciado, Ibai Beobide e Saioa Sánchez, tutti uniti sulla stessa linea… – “Cinque anni in isolamento, per me e Daniel Pastor. Credono che siamo riusciti a convincere gli altri ad attivare una cellula”, ha concluso.

E inevitabilmente, l’omicidio di Lyra McKee della cosiddetta –  dalla stampa – new IRA riapre la porta alla questione di quella che è la situazione del dissenso nell’ETA. Bilbao ha lasciato il carcere per la prima volta nel 1999, dopo essere stato trasferito in prigioni basche perché l’amministrazione carceraria ha ritenuto che fosse “dimostrato il suo rifiuto ai principi della lotta armata del gruppo.”

Tre anni dopo assassinò il consigliere socialista Juan Priede. In tribunale, al magistrato Teresa Palacios, disse: “Fascista, hai i tuoi giorni contati. Gora ETA militarra!”. Capo e ideologo del movimento IBIL”, che è stato poi indagato dalla Audiencia Nacional di Madrid, era formato da circa 50 militanti radicali e che aveva tra i suoi obiettivi la rinascita della formazione e la sua riorganizzazione. verificata quando nelle elezioni del 2011, i suoi membri hanno chiesto l’astensione nonostante il fatto che la sinistra nazionalista nell’ETA fosse rappresentata da Amaiur. Mesi dopo hanno fatto Kale Borroka, cinque autobus sono stati bruciati e alcuni volantini per esigere la libertà per i prigionieri dell’ETA siglati IBIL. A differenza della situazione in Irlanda, non è successo molto altro.

Tranne che il movimento indipendentista basco continuava a camminare si ma dolorosamente, impegnato in molteplici riunioni e confronti nell’underground politico abertzale.  Cercando di ripetere la struttura dell’ETA ora sotto il nome di ATA e quattro colonne portanti a sua cornice: IBIL, -dall’apparato militare; ATA, diretto al supporto per i prigionieri e loro famiglie; Herritar Batasuna, il partito;  Gazte Koordinadora Sozialista (GKS) o coordinatore giovanile socialista, presentato al pubblico lo scorso febbraio. Nel 2017, i due portavoce di ATA, Sendoa Jurado e Ziortza Fernandez – detenuti mesi fa assieme a Isabel Delgado, l’interlocutore in carcere con Bilbao Goikoetxea, tutti accusati del reato di “glorificazione del terrorismo”, hanno rilasciato un’intervista spiegando il modo in cui erano cresciuti negli ultimi tre anni e hanno accusato Arnaldo Otegi di essersi  “conformizzato al sistema spagnolo” e di aver rinunciato alla bandiera dell’amnistia per i prigionieri dell’ETA.  Abbiamo l’ordine di osservare da vicino il gruppo Ernai (l’ala giovanile di Bildu), hanno fatto brillare le forze di sicurezza spagnole, “e dobbiamo monitorare quello che possono fare gli elementi integranti della scissione”, spiegano. Soprattutto, perché a Madrid non vogliono sorprese. Sono anche consapevoli del fatto che due giorni prima che l’ETA a marzo 2017, inscenasse il decomissioning di parte dell’arsernale, altri di ATA si sono recati in un particolare villaggio pireneico, dove si nascondevano qualche altro quintale di armi pronte per essere consegnate e spostate lontano da sorde orecchie – Bildu – sotto le minacce dei loro stessi compagni di operazioni del passato – ma anche sotto gli attenti occhi del DGSI, Direction générale de la sécurité intérieure, i servizi francesi.

Dal 2015, tutte le manifestazioni per il rilascio di prigionieri sono state indette separatamente. Quest’anno il Movimento pro Amnistía di ATA ha riunito 2000 persone a Bilbao con lo slogan “amnistia totale” subito, mentre gli ex compagni, hanno tirato in strada 70.000 manifestanti al grido di “Ora i prigionieri.” Aberri Eguna e Herritar Batasuna ha recentemente. convocato altre manifestazioni a Elgeta. Hanno partecipato circa 1000 persone. Nella dichiarazione con la quale sono stati chiamati i sostenitori hanno detto: “Vogliamo dimostrare che continuiamo a lottare con maggiore slancio! Abbiamo esposto il tradimento della piccola borghesia autonoma e socialdemocratica”. Accuse gravissime alla sinistra patriottica, troppo vicina al PNV e alla costituzionalizzazione del conflitto. “Solo attraverso la rivoluzione socialista i lavoratori baschi raggiungeranno l’indipendenza e la riunificazione nazionale”, aggiungono, ricordando i vecchi adagi battezzati dal movimento ma con nomi diversi. Hanno nuovamente chiesto l’astensione per queste elezioni, appena concluse. E pochi giorni fa, i giovani dissidenti, hanno organizzato una conferenza di tre giorni a Llodio a cui hanno partecipato circa 100 giovani. Secondo Madrid, queste conferenze, intendono «reclutare i giovani abertzales» e «controllare le organizzazioni che sono emerse a livello locale e che sono state politicamente rieducate».

 

Daniel Losada Seoane

Llibertat presos polítics

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