Distretto Nord

L’ecclesiastico orangista invoca i trafficanti d’armi e l’Ulster Covenant per denunciare il “cancro” del protocollo

Il numero uno dell'OO, Mervyn Gibson, ha lanciato un duro avvertimento agli unionisti: l'esistenza del Protocollo dell'Irlanda del Nord apre la provincia al "cancro" dell'influenza straniera

 

Con un discorso senza mezzi termini a una folla lealista nella parte est di Belfast ieri sera, il numero uno orangista ha detto che nessun unionista dovrebbe rientrare a Stormont finché esiste il Protocollo. Ha detto che far scattare l’articolo 16 (la tanto sbandierata clausola di uscita, che permette al Regno Unito di sospendere il protocollo se sta causando grandi problemi sociali ed economici) “non lo taglierà”. Ha anche ammonito che “abbiamo avuto abbastanza negoziati”.

“Non credo che nessun unionista eletto debba tornare all’Assemblea, o che si debba formare un esecutivo, finché il protocollo non sarà sonoramente e completamente sconfitto”, ha detto. Nessun trucco, nessuna ambiguità, nessun confine del Mare d’Irlanda e nessuna legge straniera”.

Quella di ieri sera nella roccaforte della UVF, e’ stata l’ultima di una lunga serie di proteste anti-Protocollo, con altre previste nella prossima settimana. In una copia delle note del suo discorso condivisa con il quotidiano Newsletter dopo l’evento, il reverendo Gibson ha ricordato il Patto dell’Ulster, le sparatorie della UVF di un tempo, e la fondazione del paese nel 1921. In essa, l’ecclesiastico presbiteriano ed ex detective dello Special Branch della RUC ha detto: “I terroristi repubblicani non sono riusciti a bombardarci e ad assassinarci fino determinare un’Irlanda unita in questi ultimi 101 anni.

“I loro apologeti dello Sinn Fein non possono costringerci o corromperci in un’Irlanda Unita – dicono persino che ci vogliono come partner in un’Irlanda Unita, ma i loro discorsi dolci non funzioneranno, perché sappiamo che il leopardo repubblicano non cambierà le sue macchie. Noi siamo saggi nei confronti di quel nemico, il cui motto era bruciare tutto ciò che è britannico, ma non il loro carbone”.

Ha poi usato un termine in Ulster-Scots, “sleekit”, per descrivere il protocollo: “subdolo, subdolo e furbo”.

Ha continuato: “Se lasciato in vigore, il protocollo rende effettivamente l’Irlanda del Nord un luogo a parte rispetto al resto del Regno Unito e ci costringe – sì, ci costringe – a un’economia tutta irlandese.

“Se lasciato in vigore, il Protocollo rende voi ed io soggetti alle leggi e ai regolamenti di una potenza straniera e col tempo la loro influenza si diffonderà come un cancro…

“L’apatia non era un’opzione quando nel 1912 la gente ha firmato il Patto.

“L’apatia non era un’opzione quando i cannoni sono stati sbarcati a Larne e Donaghadee.

“L’apatia non era un’opzione nel 1921 quando fu fondata l’Irlanda del Nord.

“L’apatia non era un’opzione durante i giorni bui dei problemi.

“L’apatia non ha garantito 101 anni di Irlanda del Nord”.

In termini di ciò che si può fare praticamente, ha detto che “non possiamo continuare a partecipare a un raduno dopo l’altro, rilasciando una dichiarazione dopo l’altra”. Ha invece sottolineato la necessità che l’elettorato si assicuri che tutti gli elettori si rechino al seggio elettorale il 5 maggio, e votino per “tutti gli unionisti in lista”. Il suo discorso ha seguito una marcia su larga scala attraverso Belfast est – solo uno dei due raduni lealisti anti-protocollo tenuti in città.

Gli altri oratori politici erano: Il DUP MLA Joanne Bunting, John Ross del TUV e Karl Bennett del PUP.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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