Distretto Nord

L’Economist: Gran Bretagna e UE verso la resa dei conti sul protocollo per l’Irlanda del Nord

Ma è possibile raggiungere alcuni compromessi senza riscrivere il trattato di recesso

 

L’annuncio di questa settimana da parte di Liz Truss, segretario agli Esteri, di una proposta di legge che darebbe al governo il potere di scavalcare il protocollo dell’Irlanda del Nord non è stata una sorpresa. Per mantenere la provincia nel mercato unico dell’UE, il protocollo impone controlli doganali sulle merci che attraversano il Mare d’Irlanda. Le minacce di cambiarlo unilateralmente, se i negoziati con il blocco non dovessero portare a un compromesso, sono state molto seguite. Ma è comunque scioccante che un governo britannico sia pronto a rinnegare un trattato internazionale. L’affermazione della signora Truss, secondo cui il disegno di legge sarà legale ai sensi del diritto internazionale, non convince nemmeno molti deputati Tory. Sembra inoltre improbabile che la proposta raggiunga i due obiettivi che si era prefissata. Il primo è quello di convincere il Democratic Unionist Party (Dup) a tornare nell’esecutivo di condivisione del potere in Irlanda del Nord, che è in un limbo finché non lo farà. Ma è improbabile che il Dup, che ha dichiarato che tornerà solo se il protocollo verrà eliminato o modificato in modo sostanziale, si muova rapidamente; non si fida del governo britannico e sa che il disegno di legge farà fatica a passare in Parlamento. Il secondo obiettivo è quello di ottenere concessioni da Bruxelles. La risposta dell’Unione europea è stata misurata ma enfatica: i governi nazionali non sono disposti a rinegoziare il trattato di ritiro dalla Brexit, che include il protocollo e richiede la ratifica di tutti i loro parlamenti. L’UE ha inoltre dichiarato chiaramente di essere pronta a mettere in atto misure commerciali di ritorsione, compresa l’abolizione dell’intero accordo commerciale post-Brexit, se la Gran Bretagna legifera unilateralmente. Ciò lascia ancora spazio al compromesso in alcune aree. Dovrebbe essere possibile ammorbidire l’applicazione dei controlli doganali e di frontiera attraverso la negoziazione in seno alla commissione mista istituita per gestire il protocollo, senza dover modificare il testo del trattato. Anche le proposte dell’UE presentate lo scorso ottobre, volte a semplificare o eliminare alcuni dei controlli necessari per proteggere il mercato unico, potrebbero essere ampliate. Dovrebbe quindi essere possibile istituire corsie preferenziali “verdi” per le merci destinate esclusivamente alla provincia e per le quali si ritiene improbabile l’attraversamento dell’Irlanda. Il sistema esistente per i commercianti di fiducia che promettono di non sconfinare nella Repubblica potrebbe essere ampliato per coprire un maggior numero di aziende con sede in Gran Bretagna e nell’Irlanda del Nord. E gli attuali periodi di grazia che posticipano i controlli per la maggior parte dei prodotti da supermercato, degli animali vivi e dei pacchi che entrano nella provincia potrebbero essere estesi o addirittura resi permanenti, come è già stato fatto per i medicinali. È più difficile eliminare i controlli più delicati sulla sicurezza alimentare. Il governo vuole che l’UE riconosca semplicemente il regime di sicurezza alimentare britannico, ma il blocco teme che la Gran Bretagna possa divergere nettamente su aspetti quali la carne trattata con ormoni o le colture geneticamente modificate. Il modo più pulito per eliminare questi controlli sarebbe che la Gran Bretagna si allineasse agli standard dell’UE. Il governo si oppone per motivi di sovranità e perché ciò vanificherebbe qualsiasi possibilità di accordo commerciale con l’America. Dal momento che nessun accordo di questo tipo è all’orizzonte, tuttavia, un periodo temporaneo di allineamento potrebbe essere politicamente fattibile. Tutto ciò che richiede una riscrittura del trattato è molto meno plausibile. Catherine Barnard, docente di Cambridge che fa parte del think-tank uk in a Changing Europe, osserva che questa categoria includerebbe la modifica della presunzione che tutte le merci destinate all’Irlanda del Nord rischiano di entrare nel mercato unico e l’eliminazione delle procedure doganali dell’UE. Entrambi questi aspetti sono specificati nel trattato. Lo stesso dicasi per le clausole che applicano all’Irlanda del Nord le norme fiscali e sugli aiuti di Stato dell’UE e che pongono il protocollo sotto la giurisdizione della Corte di giustizia europea. La Gran Bretagna vuole ora cambiare tutto questo, ma non sono molte le imprese della provincia che se ne preoccupano più di tanto.

In effetti, nonostante l’ostilità del duplice governo nei confronti del protocollo, la maggior parte dei sondaggi d’opinione rileva che la maggioranza dei nordirlandesi è favorevole al suo mantenimento. Secondo il National Institute of Economic and Social Research, un altro think-tank, è in parte grazie al protocollo che l’economia ha registrato una performance leggermente superiore alla media nazionale. L’ostacolo più grande all’appianamento del protocollo è la mancanza di fiducia tra la Gran Bretagna e l’UE. Le minacce di azioni unilaterali per riscrivere un trattato firmato appena due anni fa servono solo ad aggravare i sospetti.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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