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Il libro – Punk as F*uk: Belfast Punk 1978-1982

 

“Non c’è niente per noi a Belfast”, cantava Jake, anche se questo non è del tutto vero secondo Micky Cassidy nel suo piccolo grande libro, Punk as F*uk. Certo, la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 sono stati tempi duri per essere un giovane in Irlanda del Nord – quanto duri possano essere quelli di noi che guardano dall’esterno lo possiamo solo immaginare. Ancora più difficile se si era un punk, come spiega Micky per esperienza personale. Tuttavia, non tutto è stato triste e tetro. In quelle strade di Belfast devastate dalla guerra si creavano amicizie di lunga durata, indipendentemente dalla religione o dal credo politico, non ultimo il bar Harp, epicentro di una fiorente scena punk che prosperava nonostante (o addirittura a causa) dell’atmosfera di disordini, violenza e privazioni. Lungi dall’essere soffocata, la linfa creativa scorreva e queste giovani anime sfidanti rifiutavano di essere soggiogate, dando vita ad alcune grandi band e, a quanto pare, a molte notti memorabili. Piuttosto che guardare indietro con rabbia, l’autore dimostra un genuino senso di nostalgia per quelli che devono essere stati i tempi migliori e peggiori. Questo libro non è una storia del punk con un elenco esaustivo di band e date, né si propone di esserlo. Come Micky si premura di sottolineare, tutto ciò è già stato fatto in passato. Quello che si ottiene è un suggestivo ricordo personale di quello che è stato un periodo turbolento ma affascinante della nostra storia relativamente recente. I Troubles fanno ovviamente da sfondo alla storia, con i giovani punk che si affidavano alla sicurezza del numero, affrontando la discriminazione della polizia, terrorizzati da coloro che non riuscivano a gestire l’integrazione religiosa e dai bulli che semplicemente trovavano minacciosi il look e lo stile di vita alternativi. Sentiamo parlare di una “situazione da saloon del selvaggio west”, della gabbia d’acciaio e dei fusti d’olio pieni di cemento all’ingresso dell’Harp bar, usati per allontanare potenziali autobombe, e della riluttanza delle case discografiche londinesi a controllare la scena, temendo per le loro stesse vite. Come dice Micky: “L’Irlanda del Nord era un posto brutto e bastardo in cui vivere tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80”. Nonostante queste difficoltà, questo è un libro piacevole, pieno di umorismo e ottimismo. Le feste notturne, la pletora di nuove band, il design di look cool e lo spirito indomito – per non parlare dell’incidente con il pesce morto. Ci sono anche interessanti spunti di riflessione da parte dei colleghi dell’autore: Andy Mulholland spiega come la reticenza degli A&R londinesi abbia rappresentato un aspetto positivo, consentendo alla scena locale di tenersi stretti i migliori talenti, Colin Fletcher ci dà la sua opinione sulle origini e sulla definizione di punk rock e Joan Murphy e Yvonne Cassidy forniscono la prospettiva femminile su quella che era una cultura sorprendentemente egualitaria. Un capitolo che riflette sul Rebellion Festival celebra l’eredità lasciata dai primi punk e il calore che continua a pervadere una comunità largamente incompresa. Come dice Micky del Rebellion: “In effetti, non ho mai sentito una voce alzare la rabbia” – esattamente come dovrebbe essere. Punk as F*uk è il prodotto di un paio d’anni di amorevole lavoro ed è un grande esempio dell’etica punk fai-da-te, autopubblicato con l’aiuto di un gruppo di amici – non diversamente dalle fanzine che erano così popolari durante il periodo trattato. È una lettura piacevole e compatta, con un’ottima copertina e molte fotografie che catturano l’atmosfera dell’epoca. Leggerlo è come ascoltare il vostro nuovo migliore amico che chiacchiera al bar e non c’è alcuna pretesa nello stile di scrittura. E se volete l’anarchia, non ci sono numeri di pagina! Questo libro colpirà chiunque sia stato appassionato di punk tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 (anche chi non ha mai visitato l’Irlanda del Nord), ma per i fan più giovani per i quali i Troubles sono più una lezione di storia che una realtà quotidiana, sarà davvero un libro che aprirà gli occhi.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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