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La legge sul Protocollo nordirlandese è l’occasione per Boris Johnson di riscattarsi

L'attesa ribellione dei conservatori per lo strappo del Protocollo sull'Irlanda del Nord potrebbe dare al "bulldog" la possibilità di mostrare i denti

Se la riconvocazione della “Camera stellare” della Brexit per esaminare “ogni riga” del disegno di legge sul protocollo dell’Irlanda del Nord fa pensare a un po’ di 2019, è proprio questo il punto. Dopo aver vinto il voto di fiducia di lunedì scorso con 63 voti poco convincenti, il Primo Ministro ha bisogno di galvanizzare il sostegno, a partire dai leavers che lo hanno spinto al potere. E quale modo migliore per farlo se non quello di “riprendere il controllo” di quelle parti dell’accordo di ritiro che sono state a lungo detestate dai leavers?

A nessuno di loro è mai piaciuto l’accordo che Boris Johnson è riuscito a rinegoziare con l’UE, ma hanno votato a favore temendo che la Brexit potesse andare completamente persa se non l’avessero fatto. Ora il “cagnone” ha la possibilità di rimediare a questi errori, salvando nel contempo l’Accordo del Venerdì Santo, l’Unione e persino il suo partito diviso, per non parlare della sua stessa premiership. La posta in gioco non potrebbe essere più alta, ed è per questo che è sotto pressione per ritrovare lo spirito da bulldog che lo ha portato a vincere il più grande mandato dei conservatori in 40 anni tre anni fa. Non può né farsi fare il solletico da Bruxelles come ha fatto il suo predecessore Theresa May, né continuare a produrre politiche che gli valgano una pacca sulla testa. Solo la caparbia determinazione sarà sufficiente.

Come ha detto Sir Iain Duncan Smith, ex leader del partito: “Deve essere chiaro e risoluto. Deve dire al partito: qui è in gioco tutto: l’Accordo del Venerdì Santo, l’Unione e il partito. Quello che viene proposto non è radicale, è un compromesso che tutte le parti possono accettare. Non abbiamo altra scelta che unirci su questo punto”.

E questo non significa solo conquistare i remainers dissenzienti, ma anche i membri del suo stesso gabinetto e persino i Brexiteers. L’European Research Group (ERG) dei Tories euroscettici rimane un caucus formidabile di circa 70 parlamentari che Johnson deve tenere al suo fianco se vuole sopravvivere alle prossime elezioni generali del 2024. Tuttavia, nemmeno loro sono del tutto convinti del piano del governo: Mark Francois, presidente dell’ERG, ha dichiarato al Telegraph’s Chopper’s Politics Newsletter: “Il diavolo è spesso nei dettagli”. Da qui la riconvocazione della “Star Chamber” di esperti avvocati, presieduta come in precedenza da Sir Bill Cash MP e comprendente altri eminenti cervelli legali, come Martin Howe QC e Barney Reynolds, per esaminare i dettagli con un pettine fine. Per poterla sostenere, dovranno essere convinti che la legislazione proposta sia “non solo giuridicamente valida, ma che ripristini pienamente la sovranità della legge britannica in Irlanda del Nord, in quanto parte integrante del Regno Unito”. Questo forse spiega perché ci sono state 12 versioni del disegno di legge prima di quella presentata oggi. Downing Street sa di avere poco margine di errore in questo momento. Come sempre, Johnson dovrà anche placare l’ala eurofila del suo partito, non da ultimo dopo che è stato diffuso un dossier che avverte che questo potrebbe essere “l’Iraq” del partito che rischia di “danneggiare il Regno Unito e tutto ciò che i conservatori rappresentano”.

Affrontare con decisione questo dissenso non farà altro che rafforzare la posizione di Johnson che continua a lottare per la sua vita politica, dopo il partygate. Con due elezioni suppletive il 23 giugno che metteranno a dura prova il sostegno dei Tory, il senso di deja vu di questa settimana non è inopportuno per il Numero 10, che sta lottando per riconquistare il sostegno dei “red wallers” disillusi. L’inchiostro si è appena asciugato sul disegno di legge e già l’UE minaccia di scatenare una guerra commerciale, mentre tutti i soliti sospetti si schierano per dichiarare che la legislazione viola il diritto internazionale. I laburisti e i liberaldemocratici si sono opposti, Lord Clarke – l’ex cancelliere dei conservatori – ha giurato di bloccare il disegno di legge nei Lord e gli avvocati di remainiac si stanno preparando a sfidarlo in tribunale. Non c’è da stupirsi, quindi, se sembra che la storia si stia ripetendo. Se gli elettori iniziano a sospettare che il tentativo di estromettere Johnson possa far parte di un complotto più ampio per ribaltare il risultato del referendum, il premier può volgere la situazione a suo vantaggio.

Se il Primo Ministro riuscirà ancora una volta a “portare a termine la Brexit”, contro tutte le avversità, potrebbe ancora uscire dal recinto dei Tory.

Let

Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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