This is England

La sinistra americana odia la Gran Bretagna – e non può essere convinta del contrario

Insulti come "Terf island" toccano qualcosa di profondo nella psiche americana: la sensazione che i legami storici con il Regno Unito debbano essere ripudiati

Rishi Sunak ripristinerà la “relazione speciale” quando atterrerà a Washington la prossima settimana? Non ci scommettiamo. Ci saranno parole calorose sul “comune impegno” di America e Gran Bretagna nei confronti dell’Ucraina, ma forse scambi più imbarazzanti sull’Irlanda del Nord. La verità è che l’idea che gli Stati Uniti e il Regno Unito condividano un legame mistico si è ritirata di molto dopo la nostra comune disavventura in Iraq – anche se alcuni repubblicani e conservatori di alto livello si aggrappano ancora a questa fantasia. Forse è meglio così. Come ministro degli Esteri, Boris Johnson ha cercato di vietare ai funzionari britannici di usare la parola “speciale” perché suonava sempre “bisognoso” – e così è stato. Oggi, invece, con un presidente democratico al comando, questo linguaggio appare come disperato. Non è un segreto che Joe Biden consideri la Brexit come il sinistro preliminare che ha preceduto la vittoria da incubo di Donald Trump. Sotto la sua guida, non ci sono discorsi trumpiani su “bellissimi accordi commerciali” che potrebbero infastidire l’Unione Europea. Il presidente democratico americano ama anche, con un cenno e un occhiolino, mostrare un po’ di anglofobia nel suo modo irlandese. Non ha partecipato all’incoronazione del Re, non che abbia molta importanza. Sotto gli insignificanti sgarbi di Biden, tuttavia, c’è qualcosa di più significativo e sinistro: un odio profondo e crescente per la Gran Bretagna nella sinistra americana. L’élite americana più giovane, radicale e, man mano che cresce, sempre più potente e istruita nei campus, disprezza davvero la storia e per loro la Gran Bretagna rappresenta il passato. I democratici americani potrebbero rispondere che non tendono a pensare molto alla Gran Bretagna, il che potrebbe essere vero. È vano da parte nostra pensare che lo facciano. Ma i pregiudizi profondi tendono a essere inconsci e chiunque abbia letto il New York Times – con i suoi infiniti articoli sull’arretratezza e la povertà della Gran Bretagna – può dire che l’America di sinistra si è inacidita sugli inglesi. “La fantasia della Gran Bretagna della Brexit è finita”, ha detto Richard Seymour, in uno dei tanti articoli che il giornale ha prodotto dal 2016. “Che cos’è la Gran Bretagna?”, si è chiesto l’autore, definendoci “economicamente stagnanti, socialmente frammentati, politicamente alla deriva”. L’astio della sinistra americana nei confronti della Gran Bretagna è forse meglio racchiuso nell’espressione “Terf island” (Trans Exclusionary Radical Feminists) – un insulto che gli attivisti per i diritti delle persone trans scagliano spesso contro di noi oltreoceano. È difficile comprendere questo punto senza un po’ di comprensione della stranezza della mente americana “woke” e della misura in cui essa domina oggi gran parte di ciò che passa per pensiero democratico. Per la sinistra americana del XXI secolo, non importa che queste frasi non abbiano alcun senso. La razionalità è comunque razzista. Non importa nemmeno che la Gran Bretagna abbia abolito la schiavitù molto prima dell’America, o che il primo ministro che sostiene la Brexit sia un indù britannico-indiano. Ciò che conta è che la Gran Bretagna è vecchia. Abbiamo avuto un impero e abbiamo svolto un ruolo importante nelle origini razziste dell’America – e questo ci pone, come amava dire Barack Obama, “dalla parte sbagliata della storia”. Slurs come “Terf island” toccano qualcosa di profondo nella psiche americana: il senso rivoluzionario che, per raggiungere l’armonia razziale o sessuale, gli Stati Uniti debbano liberarsi delle catene mentali del loro passato coloniale anglo-americano. Questo sentimento, ironia della sorte, è alla base della vera storia d’origine dell’America come nazione indipendente, e forse Rishi Sunak non può fare nulla per contrastarlo.

 

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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