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La mostra di Londra: Come raccontare la storia dei Troubles

Una nuova mostra all’Imperial War Museum cattura l’esperienza della gente comune che ha vissuto gli anni del conflitto

Come si racconta una storia quando non c’è accordo su quale sia? È questo il problema che l’Imperial War Museum ha cercato di affrontare ospitando una nuova mostra sui Troubles in Irlanda del Nord. Irlanda del Nord: Living with the Troubles è il primo esame dettagliato del museo londinese su quello che rimane il più grande dispiegamento dell’esercito britannico dalla Seconda guerra mondiale.

Più di 250.000 truppe si sono spostate nella provincia in 30 anni di combattimenti e tuttavia, forse a causa della sua complessità, il conflitto rimane poco esaminato, almeno nella storia popolare, da questa parte del Mare d’Irlanda.

Dopo tutto, come si può affrontare un periodo in cui ogni evento, a seconda della prospettiva, può essere percepito in modo completamente diverso? “Sin dall’inizio ho voluto che questa mostra fosse incentrata sulle voci della popolazione dell’Irlanda del Nord”, afferma Craig Murray, il suo curatore. “Molto spesso le sentiamo dai politici, dai commentatori politici e dai giornalisti, ma non sentiamo queste persone se non nelle interviste.

Quello che sentirete è la loro esperienza vissuta, è la loro verità, che possono raccontare senza giudizio. Pensare che l’Imperial War Museum possa raccontare una storia più pulita, una storia migliore, dei Troubles sarebbe ingenuo. Non esiste un’unica narrazione dei Troubles su cui la gente sia d’accordo”. Ed è così che Living with the Troubles accompagna i visitatori in quello che rimane un periodo altamente conflittuale, con radici che risalgono a secoli fa. 25 anni dopo la firma dell’Accordo del Venerdì Santo, questa non è la storia di David Trimble o John Hume, e nemmeno di Gerry Adams o Ian Paisley.

È la storia di tre decenni di conflitto raccontata dai paramilitari repubblicani e lealisti, dai soldati britannici, dalla polizia locale e, soprattutto, dalla gente comune. Le testimonianze di prima mano da entrambe le prospettive sono esposte una accanto all’altra, per ricordare come – in un’epoca in cui l’esigenza di dire “la mia verità” è ampiamente derisa – in questo complicatissimo conflitto, tutti i ricordi sono soggettivi e contestati.

Solo il filmato introduttivo – una brevissima carrellata di 400 anni di storia – potrebbe essere considerato oggettivo. Nella seconda sala c’è un resoconto della notte tra il 27 e il 28 giugno 1970, quando la violenza scoppiò nei pressi della chiesa di San Matteo a Belfast, all’incrocio tra la repubblicana Short Strand e la lealista Newtownards Road. Morirono tre persone, due lealisti e un repubblicano. Un uomo dell’IRA lo descrive come un “furioso scontro a fuoco”, mentre un avversario lealista afferma che “non ci fu alcuna battaglia” e che solo una parte era armata.

La mostra non si pronuncia su questo disaccordo. Altrove, si arriva all’acuirsi della violenza degli anni Settanta e Ottanta, in una stanza suggestivamente scandita dal duplice suono di tamburi e sirene, e all’esperienza quotidiana di coloro che sono stati colpiti dai Troubles. L’opera tocca anche la vita di persone che erano alle prese con altre questioni identitarie al di là della divisione settaria.

C’è un contributo della comunità gay e questo, da parte di Jayne Olorunda, sul trasferimento in diverse aree di Belfast come famiglia di razza mista: “Ti trasferivi e la prima cosa che vedevano, ovviamente, era che questa famiglia era mista. Poi, quando iniziavano a parlarti, se eri in una zona cattolica, ti dicevano: ‘Oh, ma tu non sostieni l’IRA’. Se eri in un’area protestante era: “Sì, forse odi l’IRA ma sei cattolico”. Quindi non importava dove fossi, non c’era posto”. È il racconto di persone normali che cercano di affrontare l’anormalità delle loro vite che rende la mostra così potente.

Un poster mostra Tufty, lo scoiattolo dei cartoni animati più noto nella Gran Bretagna degli anni ’70 per insegnare ai bambini ad attraversare la strada; nell’Irlanda del Nord è stato impiegato per dire loro di non raccogliere oggetti strani per strada nel caso si rivelassero una bomba a tubo. La mostra si conclude con un bellissimo filmato, che spazia dai paesaggi mozzafiato dell’Irlanda del Nord alle stazioni di polizia circondate da filo spinato, con la colonna sonora delle opinioni dei cittadini sul futuro della provincia.

L’Irlanda del Nord ha ancora problemi irrisolti a distanza di un quarto di secolo dalla firma dell’accordo che ha di fatto posto fine ai combattimenti. Il pessimismo accomuna entrambe le comunità. “Una delle mie motivazioni è stata quella di aumentare la comprensione dei Troubles qui, da questa parte dell’acqua, perché non sono ben compresi”, dice Murray. La mostra riesce a raggiungere questo obiettivo.

Northern Ireland: Living with the Troubles è all’IWM fino al 7 gennaio 2024.

Al via la mostra sui Troubles all’Imperial War Museum di Londra

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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