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Dos Cataluñas

Registi spagnoli hanno girato questo film in risposta alla “manipolazione” e alla “semplificazione” dell’informazione dopo il referendum sull’indipendenza, affermano gli autori stessi. 

 

Dos Cataluñas. Due Catalogne. Un documentario che affronta i conflitti intorno alle elezioni del 21 dicembre, indette dal precedente governo spagnolo in risposta al desiderio di indipendenza e sovranità.

 

Secondo il co-direttore Gerardo Olivares, l’obiettivo del film è mostrare ciò che sta accadendo in Catalogna, non solo al pubblico spagnolo, ma al mondo.

 

La narrazione segue il percorso della campagna in tutta la Catalogna, a Bruxelles e a Estremera, la prigione della regione di Madrid dove alcuni leader indipendentisti erano detenuti prima di essere trasferiti in penitenziari catalani.

 

Dos Cataluñas è una risposta alla “semplificazione” e alla “manipolazione” delle informazioni al referendum sull’indipendenza del 1° ottobre, ha affermato Álvaro Longoria,co-direttore della produzione.

 

“Ci siamo resi conto che quello che stava accadendo non veniva raccontato, c’era molta mistificazione e semplificazione”, ha dichiarato Longoria.

 

Il punto centrale del film tratta il periodo in cui le tensioni tra la Catalogna e la Spagna erano alte. A poco più di un anno e sei mesi dal referendum sull’indipendenza, ritenuto illegale dal governo del Partito Popolare, la gente ha preso di nuovo le schede in mano per votare. Le forze indipendentiste hanno ottenuto la maggioranza assoluta in parlamento, mentre Ciudananos è stato il partito che ha ottenuto il maggior numero di seggi.

 

Il film, che dura quasi due ore, ospita circa 85 interviste con personaggi chiave della scena politica catalana, sia a favore che contro l’indipendenza. Tra questi l’ex presidente Charles Puigdemont, il leader di Ciudadonos, Inés Arrimadas, l’ex ministro degli esteri Raül Romeva, il sindaco di Barcellona Ada Colau, Xavier Domènech e altri ancora.

 

La squadra che ha realizzato il documentario avrebbe voluto “intervistare i politici che erano in prigione in quel momento”, ma nonostante i loro sforzi, fu “impossibile”. Detto questo, alcuni di coloro che si vedono in Dos Cataluñas sono attualmente in detenzione preventiva in attesa del processo per il loro ruolo nella spinta indipendentista della Catalogna, come Jordi Turull. Si è anche cercato di parlare con Soraya Sáenz de Santamría, ex vicepresidente della Spagna e sostenitrice della linea dura del governo, ma i registi non hanno avuto alcuna risposta.

 

Nessuno dei due tra l’altro proviene dalla Catalogna. Olivares è nato a Cordoba, Longoria a Santander. Sebbene siano quindi entrambi nati in Spagna, non si considerano spagnoli. “Non siamo spagnoli, abbiamo vissuto all’estero gran parte della nostra vita, e questo ha reso il nostro punto di vista più neutrale”, ha sottolineato Longoria, aggiungendo che grazie a ciò, sono stati in grado di analizzare la situazione senza essere troppo coinvolti. Questo documentario non dice ‘devi pensare così’, ma piuttosto: ‘questo è ciò che sta accadendo ora fatti la tua opinione ha aggiunto. Ci sono molte Catalogne e molti punti di vista, c’è una frattura sociale che costringe a scegliere una parte o l’altra”, aggiunge Olivares.

 

Dos Catalunas si propone inoltre di chiarire i contesti culturali e storici che hanno prodotto un nazionalismo catalano, intervistando Quim Torra, presidente della Generalitat della Catalogna, che usa il linguaggio della colonizzazione per descrivere la soppressione della lingua e della cultura catalana sotto il franchismo. Purtroppo però tace su un evento chiave della storia moderna spagnola: non c’è menzione sulla guerra civile spagnola (1936-1939).  in Spagna, l’eredità della guerra civile polarizza ancora la vita pubblica e sociale.

 

Il ricordo della guerra civile perseguita anche il titolo, risuonando nella celebre frase del poeta spagnolo Antonio Machado – “las dos Españas” – che usò in una poesia del 1917 per descrivere la metafora della guerra civile. L’ultima parte del documentario contiene due momenti che caratterizzano entrambi i lati del conflitto. La brutalità della polizia con un uomo picchiato dalla Guardia Civil. Il gruppo di persone che circonda l’uomo ferito canta a gran voce, “No passaran!” (Non devono passare!).

 

Questo canto di resistenza fu urlato in tutta la Spagna repubblicana, non solo attraverso le voci degli antifascisti locali ma anche sui manifesti di propaganda che circolavano a livello internazionale. Successivamente una donna durante un corteo per l’unità nazionale grida “Arriba España!” (tradotto come “Long Live Spain!” nei sottotitoli del film), un famigerato slogan franchista. La presenza di queste espressioni è indicativa della durata della guerra civile nel corso del tempo.

 

La forma narrativa di Dos Catalunas e di Netflix stessa inquadra il conflitto catalano in una sorta di “cerchiobottismo”. Ma questa logica oscura le atrocità storiche del franchismo e la sua responsabilità per l’oppressione non solo della Catalogna ma di tutta la Spagna.

 

La brutalità della Guardia Civil nei seggi elettorali e i cortei per l’unità nazionale non dovrebbero essere interpretate come scene di due “lati” ugualmente giusti e legittimi.

 

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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