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Bloody Sunday: l’attesa delle famiglie

Le famiglie delle vittime del Bloody Sunday si sono radunate a Derry mentre i 17 soldati coinvolti in quel tragico giorno dovrebbero scoprire a breve se saranno perseguiti.

I parenti sono stati raggiunti da molti sostenitori radunatisi nel Bogside, vicino a dove avvennero gli omicidi, poco prima di partire per il centro città dove scopriranno se i veterani dell’esercito dovranno rispondere per gli omicidi.

John Kelly, il cui fratello Michael fu ucciso a 17 anni, dice di “sperare e pregare” che le famiglie avranno presto le notizie dei procedimenti giudiziari.

“Siamo tutti molto ansiosi, nervosi, ma allo stesso tempo siamo fiduciosi che otterremo ciò che vogliamo”, ha affermato.

Nel Bogside, in una mattina bagnata ma luminosa, ha aggiunto: “Sto qui dove Michael è stato colpito a morte. Sto sperando che lui guardi giù su di me dicendo «ben fatto, sono molto orgoglioso di te». E probabilmente tutte le famiglie si sentono allo stesso modo mentre cercano di ottenere tutto questo per loro (le vittime)”.

Un lungo applauso è partito alle 9:15, quando le famiglie hanno iniziato la marcia, tenendo le immagini dei loro cari.

Mentre la marcia giungeva all’albergo le famiglie hanno iniziato a cantare “We Shall Overcome”, l’inno del movimento per i diritti civili.

Quelli che sono entrati nell’hotel hanno stretto le mani e abbracciato i parenti, prima di lasciarli ad ascoltare le notizie provenienti dal Public Prosecution Service.

Dalla folla si è alzato un grido: “Ridateci la giustizia”.

Tredici manifestanti furono colpiti a morte il 30 gennaio 1972, uno dei massacri più famosi degli interi Troubles nordirlandesi.

Gli ex membri di una compagnia di supporto del 1° Battaglione del Reggimento Paracadutisti potrebbero essere formalmente accusati.

I reati potrebbero comprendere omicidio, tentato omicidio e gravi lesioni personali.

Gli omicidi hanno aiutato a galvanizzare il sostegno per i Provisional IRA.

L’immagine del prete cattolico (padre Edward Daly, ndt) che sventola un fazzoletto insanguinato mentre cerca di portare in salvo una vittima, fece il giro del mondo.

I soldati erano stati inviati nel Bogside per gestire i disordini scoppiati durante la marcia che sfidava il divieto imposto dalla legge.

Mentre 13 persone morirono, altre 15 rimasero ferite. Uno dei feriti morì poco tempo dopo per un tumore incurabile e viene considerata la quattordicesima vittima del Bloody SUndau.

Una inchiesta condotta poco tempo dopo le uccisioni fu giudicata “un insabbiamento” dalle famiglie delle vittime e fu lanciata una campagna per ottenere una nuova inchiesta pubblica.

I parenti volevano contestare le false accuse che affermavano che i loro cari erano armati.

Un’inchiesta venne istituita nel 1998 dall’allora primo ministro Tony Blair.

Dopo quasi un decennio di indagini Lord Saville concluse che i soldati uccisero manifestanti che non erano una minaccia, e criticò severamente la decisione di inviarli nel Bogside con i mezzi corazzati.

Dopo la chiusura dell’indagine, avvenuta nel 2010, David Cameron disse che gli omicidi furono “ingiustificati e ingiustificabili”.

Un’indagine per omicidio è stata eseguita dalla polizia nordirlandese e i documenti su 18 soldati sono stati consegnati ai pubblici ministeri. Un soldato è morto recentemente.

Il Public Prosecution Service dovrà decidere se accusare formalmente anche due sospetti dell’Official IRA presenti quel giorno.

Alan Barry, del grouup “Northern Ireland Veterans” ha detto di temere che i paracadutisti saranno accusati, parlando poi di sistema giudiziario nordirlandese “schierato”.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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