Significar Per Verba

Il lato sinistro del cuore

“Cuore spezzato un cazzo… non è per dimenticare Rita che ho lasciato la città. Hanno cercato di ammazzarmi”.
Mi stavo piantando le unghie nel palmo della mano per resistere alla tentazione di spaccargli la faccia. Avevo lasciato un messaggio nella segreteria telefonica dell’istruttore di tennis, che mi aveva richiamato, dandomi appuntamento al bar del Circolo.
“Sì, certo, bella bocca, belle tette, brava… le scopate migliori della mia vita, ma tutto lì. E poi, Cristo, è un travestito… va bene la trasgressione, ma non sono mica un finocchio!”
“Neanch’io”.
“Bene, buon per lei… comunque, qualche mese fa a momenti mi ammazzo, in autostrada. Il meccanico dice che mi hanno svitato qualcosa sotto lo sterzo, io non ci credo ma dopo una settimana mi succede lo stesso con la macchina di servizio della concessionaria e allora mi cago addosso. Sa, col mio mestiere conosco tante donnine, mogli di gente importante… così per stare dalla parte del sicuro cambio città e mi cavo dai coglioni. Che dice, ho fatto bene?”
Non risposi. Presi nota sul taccuino e me ne andai. Dovetti piantarmi le unghie nel palmo fino a farmi molto male, mentre pagavo alla cassa e lui mi salutava dal tavolino, sotto l’ombrellone.
“Davvero pensava che fossi innamorato di Rita? figuriamoci… era lei che mi amava ma io… sì, bel corpo ma Cristo! e poi, mi creda… di bocca non valeva un cazzo”.
Avevo un amico alla stradale e andai da lui appena uscito dal Circolo. Mi fece vedere i rapporti degli incidenti del tennista e di quello del rappresentante, che si era ammazzato in un frontale con un camion. Erano identici. Un bullone svitato da sotto lo sterzo. L’uomo della notte esisteva.

Lo studente, invece, era scomparso senza lasciare traccia. Mi feci dare l’indirizzo dalla segreteria di facoltà ma a casa sua i genitori mi dissero che era qui, nel suo appartamento anche se era un pezzo che non si faceva sentire. Nel suo appartamento, lo sapevo perché c’ero già stato, viveva una coppia con due bambini. Il padrone di casa mi disse che lo aveva riaffittato dopo che aveva avuto la disdetta, per telefono, senza che nessuno fosse andato a riprendersi la caparra. Un tipo strano, disse il padrone di casa e me lo disse anche Rita, mentre la tenevo tra le braccia, sul divano, a casa sua.
“Non l’ho mai capito, Alessandro. Era pieno di fissazioni, sempre ansioso… o depresso. Prendeva un sacco di pillole, per dormire, per mangiare, per studiare… però non studiava mai. Stava qui tutto il giorno e mi guardava, seduto a tavola, col mento su una mano. Certe volte si appoggiava alla porta del bagno, mentre mi truccavo e lo vedevo riflesso nello specchio, immobile… ma soprattutto gli piaceva guardarmi dormire. Mi svegliavo la notte e lui era lì, sollevato su un gomito, appoggiato al cuscino… ci credi? in tanti mesi che abbiamo dormito insieme lui non mi ha mai toccata. Mi teneva tra le braccia e mi accarezzava i capelli finché non mi addormentavo, ma non abbiamo mai… davvero. Piano, mi fai male…”
La stavo stringendo, sempre più forte, senza accorgermene. C’era qualcosa nel tono della sua voce, che mi irritava, tendendomi i nervi e i muscoli… qualcosa di morbido e languido, che le aveva velato gli occhi mentre parlava di lui, dello studente. Qualcosa di cui ero geloso.
“Perché lo hai lasciato?”
“Non lo so. Non lo sopportavo più… non mi piaceva come mi guardava quando tornavo a casa tardi la notte. Mi faceva sentire in colpa. E poi era diventato ossessivo, voleva che smettessi di lavorare, non accettava più quello che… quello che sono. Ho pianto per una settimana, quando l’ho lasciato… sono stata io a mandarlo via e ho pianto, non è stupido?”
“No”.
“A volte mi manca. A volte, quando ci penso, Alessandro mi manca. Mi manca molto. Però voglio bene al mio pittore, è intelligente, premuroso, affascinante… un po’ morboso, forse…”
“Morboso? il pittore?”
“Sì… cE?erte volte mi fa quasi paura. Lo sai che gli piace legarmi? ahi… mi stai stringendo di nuovo… vuoi farmi male anche tu?”
“No, io no…”
Aprii le braccia e scivolai indietro, sul divano, schiacciandomi contro il bracciolo. Rita sorrise e per la prima volta notai una piccola ruga all’angolo della bocca, sottile e maliziosa, che feci fatica a non baciare, di slancio.
“Sì, lo so. Anche con te sto bene. Mi sento… mi sento protetta. Davvero”.
Si contrasse, stringendosi a me, con un sospiro, poi si rilassò e sentii il suo corpo, dolce e caldo, scivolare sul mio. Fu soltanto un sussurro quello che mi soffiò nell’orecchio, prima di mordermi il lobo e farmi rabbrividire di desiderio e di rabbia.
“Ma non amerò più nessuno come ho amato Alessandro… o come lui amava me”.

Pagina precedente 1 2 3 4 5 6 7Pagina successiva
Tags

Let

Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

Related Articles

Close