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Il lato sinistro del cuore

Poi mi chiamò. Di notte, all’improvviso, a metà di un sogno indistinto che mi stava facendo sudare. Aveva la voce acuta come lo squillo che mi aveva svegliato e parlava in fretta, tra i singhiozzi, ansimando.
“Era qui! è stato qui, l’ho visto!”
“Visto? chi ha visto? di chi sta…”
“Quell’uomo! quell’uomo che mi guarda! è stato qui nella mia stanza! mi sono svegliata, ho aperto gli occhi e l’ho visto! oh Dio…”
“Un attimo, ferma un attimo… c’è ancora? mi risponda, c’è ancora?”
Non rispose, singhiozzava e basta e poi mise giù il telefono. Mi vestii in fretta, montai in macchina e corsi fino a casa sua. La porta era socchiusa, fermata da una catenella. Suonai, ma non venne nessuno, così mi attaccai allo stipite con le mani e staccai la catenella con una spallata contro la porta. Dentro era buio. Sentivo piangere in fondo al corridoio, dietro una porta chiusa.
“Apra! sono io, apra per favore!”
Aveva chiuso con tre mandate e quando spalancai la porta era già tornata al centro della stanza. Aveva una sottoveste leggera, quasi trasparente, che le sfiorava le ginocchia e le scopriva le spalle. Si stringeva con le braccia e tremava.
“Non c’è nessuno”.
“C’era. L’ho visto con i miei occhi. Era seduto lì”.
Indicò una poltrona contro il muro, in un angolo, con un gesto rapido che gli sollevò la sottoveste fino alle natiche, tanto che dovetti distogliere lo sguardo.
“E cosa ha fatto? le ha detto qualcosa?”
“Sì, no… non lo so. Ho urlato appena l’ho visto e poi lui non c’era più”.
“Quando l’ha messa la catena alla porta?”
“Quando la metto sempre… appena fa buio. E poi mi chiudo in camera”.
“Anche oggi?”
“No, sì… non mi ricordo”.
Stava per mettersi a piangere di nuovo. Mi strinsi nelle spalle e mi voltai, perché non capisse dalla mia espressione che non credevo ad una sola parola di quello che mi aveva detto. Ma appena mi avvicinai alla poltrona un brivido freddo mi irrigidì la schiena, scendendomi tra le spalle come una goccia d’acqua ghiacciata. Fu l’odore che mi colpì, un odore diverso, più secco di quello dolciastro che c’era nella stanza. L’odore di un altro. Poi vidi il cuscino, schiacciato in un angolo e in punta, come se qualcuno si fosse seduto sul bordo. Lo toccai con le dita e anche se sapevo che non era possibile mi sembrò di sentirne il calore.
“Cosa c’è? cosa ha sentito?”
Mi ero raddrizzato di scatto, con un movimento brusco, come se avessi preso la scossa. Rita mi guardò con un’espressione così spaventata, con quegli occhi così grandi, che non potei fare a meno di allungare una mano e toccarle una spalla. Mi scivolò tra le braccia, rapida, schiacciandosi contro di me. Tremava e quando alzò il mento mi accorsi che le tremavano anche le labbra, strette in quel broncio sottile, da bambina impaurita. Non mi ricordo se fui io a baciarla o lei a baciare me. Scivolammo sul letto e facemmo l’amore, non importa come.

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Appunti di una crociata contro la parola intesa e interpretata come ribellione al diluvio verbale che segna la deriva dei nostri giorni. L’occhio avido del giornalista si tuffa in un luogo chiuso a tutti gli sguardi e profana il tempio dei silenzi dell’ultra-nazionalismo in Europa. Un Candide del terzo millennio che esplora, dissacra e perturba.

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